Il razzismo in cattedra
Di Geraldine Meyer
Una delle pagine più nere, quella della persecuzione antiebraica da parte del regime fascista, raccontata concentrandosi su quanto accaduto nell’ambito dell’istruzione. Questo il cuore di questo interessantissimo Il razzismo in cattedra, di Emanuele Edallo. Un libro che, ancora una volta, mette in luce come il falso mito, di comodo, degli italiani brava gente sia una delle tante rimozioni e cancellazioni della memoria. Combinato disposto di una sostanziale ancora mancata elaborazione di quanto criminale sia stato il regime fascista. E di come, al contrario di quanto ancora sostenuto da alcuni, la persecuzione antiebraica abbia agito in Italia nella più assoluta indipendenza rispetto alla Germania nazista.
Questo libro è la cronaca documentatissima e lucida di quanto avvenuto nel 1938 e di quanto, negli anni precedenti, fu la macabra e cinica preparazione. Perché il settore dell’istruzione e perché l’università. Il regime fascista sapeva quanto scuola e università fossero centrali per la formazione del “fascista perfetto” e quanto questo ambito dovesse essere epurato da chiunque potesse rappresentare un problema, un ostacolo intellettuale alla manipolazione e falsificazione di tante materie di insegnamento.
Un libro che, attraverso la ricostruzione delle vite di molti dei professori allontanati dall’insegnamento, ci porta dentro storie di vita, di dolore, di paura e anche, in alcuni casi, di deportazione. Ma, soprattutto, ci racconta non solo del valore intellettuale di molti di loro ma anche di come, molti di loro, aderirono al fascismo della prima ora. Quale fu, dunque, il loro rapporto con il fascismo degli inizi? Quale il loro rapporto con la religione ebraica? Quali le loro reazioni, tra lo sgomento e l’incredulità. Ma, in modo ancora più lancinante, il libro ci racconta del cinismo dei provvedimenti e la sostanziale indifferenza di chi, in università, rimase prendendo il posto di chi fu allontanato.
Concentrare la ricerca sull’Università di Milano ha un senso non secondario rispondendo semmai alla centralità di Milano nella nascita del fascismo. Ma anche perché mette in luce la particolare solerzia con cui questo luogo di cultura si premurò di attuare decreti e normative. Ciò che colpisce però, oltre a questo, è davvero il silenzio e la connivenza di chi nulla fece o disse per difendere i colleghi perseguitati. Anzi, ne disconobbe il valore e l’importanza di molti degli studi da questi professori portati avanti. Studi di estremo valore e professori che erano eccellenze nei loro campi, al punto da venire considerati motivo di orgoglio da parte del fascismo finchè fece comodo.
A colpire altrettanto, se non di più, è il racconto del modo con cui, a guerra finita, alcuni di questi professori tornarono nella stessa università da cui erano stati allontanati. Finte dichiarazioni di solidarietà ma totale rimozione del motivo per cui erano stati mandati via. Cioè sostanziale rimozione e evitamento delle parole “persecuzione raziale”. Un ipocrita silenzio spacciato, da taluni, come necessità di pacificazione.
C’è molto, purtroppo, della nostra incapacità di elaborare davvero il nostro passato, in questo libro. Che per questo interroga e accusa. Senza sconti.
Saggi. Storia e scienze sociali
Storia
Donzelli Editore
2023
205 p., brossura