Il romanticismo visionario di Hector Berlioz
Di Adriana Sabato
Abbiamo cominciato a prendere coscienza della dimensione del timbro con Berlioz. […] L’impiego del silenzio è altrettanto straordinario. […] Prima si era esplorato assai poco questo campo che ha poi ripreso Debussy al quale Boulez ha aggiunto il marchio geniale. (O. Messiaen, Musica e colore)
La citazione non è casuale: dalla metà del primo ’800, grazie alla sensibilità di compositori – direttori d’orchestra, come ad esempio Hector Berlioz, la ‘tavolozza timbrica’ orchestrale diviene sempre più campo sperimentale di invenzione artistica. Fino ad arrivare alla musica del ‘900 con la componente timbrica ad assumere un’importanza sempre più crescente. Se dunque l’indicazione timbrica nella musica del ‘700 e dell‘800 si riduce per lo più all’indicazione dello strumento e del modo di suonarlo (come “tromba con sordina”, o “violino pizzicato”) il timbro diviene elemento decisivo della composizione musicale a partire dall’evoluzione ottocentesca dell’orchestra sinfonica e delle tecniche di orchestrazione.
Hector Berlioz nacque nel 1803 a La-Côtè-Saint-André e fin dall’età di dodici anni cominciò a comporre musica. Condusse un’esistenza tipicamente romantica, appassionata e tormentata, e l’ultimo periodo della sua vita fu segnato da tristi eventi, come la morte prematura di diverse persone a lui care, che lo addolorarono molto. La sua genialità spicca sicuramente attraverso le opere da lui composte, prima fra tutte la Sinfonia fantastica. Fu la prima opera importante di Berlioz. La completò nel 1830,
prima di prendere il diploma del Conservatorio. Così avanti rispetto ai suoi tempi, il compositore influenzò Wagner e Richard Strauss molto più dei contemporanei. Pur muovendosi ancora all’interno dello stile sinfonico classico-beethoveniano, Berlioz rivisitò profondamente questo genere musicale inserendovi un’ampia descrizione programmatica e preannunciando, in un certo senso, la fortunata stagione che avrebbe vissuto di lì a poco il genere del poema sinfonico.
Questo il programma della Sinfonia fantastica:
«Un giovane musicista di sensibilità morbosa e di immaginazione ardente, in un eccesso di disperazione amorosa, si avvelena con l’oppio. Ma la dose è troppo debole per dargli la morte e lo fa cadere in un sonno pesante, accompagnato da strane visioni, durante il quale le sensazioni del suo cervello malato si traducono in immagini musicali. La donna amata è divenuta per lui una melodia che, come un’idea fissa, ritrova e riode ovunque.
Sogni-Passioni – Egli ricorda il malessere dell’anima, l’onda di passioni, la malinconia e la gioia senza perché, provate prima d’incontrare la donna che ama; ricorda l’amore vulcanico ch’ella gli ispirò al primo sguardo, l’angoscia delirante, la gelosia furiosa, i ritorni di tenerezza, i conforti…
Un ballo – Egli ritrova l’amata in una festa da ballo, tra il gaio tumulto delle coppie danzanti…
Scena nei campi – Una sera d’estate, vagando tra i campi, egli ascolta due pastori che cantano una nenia alpina. Questo dialogo pastorale, unito al lieve mormorio degli alberi scossi dal vento, contribuisce a rendere al suo cuore una strana calma e a rivestire le sue idee d’un colore più sereno. L’idea fissa riappare, il suo cuore si stringe, presentimenti dolorosi lo turbano… Uno dei pastori riprende la serena melodia, ma l’altro non risponde più. È il tramonto. Un lontano brontolio di tuono. Solitudine. Silenzio…
Marcia al supplizio – Egli sogna d’aver ucciso la donna amata, d’essere stato condannato a morte e si vede condotto al patibolo. Il corteo avanza al suono d’una marcia ora cupa e feroce, ora brillante e solenne: un sordo rumore di passi succede senza transizione agli scoppi più fragorosi. Alla fine riappare l’idea fissa, come un ultimo rapido pensiero d’amore, interrotto dal colpo fatale.
Sogno d’una notte di Sabba – Egli immagina d’essere al Sabba, tra un gruppo di streghe, stregoni e mostri orribili d’ogni genere, qui riuniti per i suoi funerali. Strani rumori, lamenti, risate, grida lontane, cui altre sembrano fare eco. La melodia dell’amata riappare, ma ha perduto ogni carattere di nobiltà e di pudore: non è più se non un ignobile e triviale motivo di danza… È lei che viene al Sabba e si unisce all’orgia diabolica… Campane funebri, parodia burlesca del Dìes irae, ridda infernale».
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La Sinfonia fantastica nasce dunque come sfogo per il dolore profondo procurato all’autore dall’amore per l’attrice Harriett Smithson, sua futura moglie. In tale composizione, è bene ricordarlo, Berlioz intende “narrare” la storia di un giovane musicista che, avvelenatosi per amore con l’oppio, cade in un sonno profondo in cui le sue sensazioni e i suoi ricordi si traducono in immagini musicali. La donna amata si trasforma così in una melodia che ritorna continuamente: è la celebre idée fixe della Sinfonia. È un tema ciclico, come il motivo iniziale della Quinta sinfonia di Beethoven, ma questa volta è esplicitamente legato alla rappresentazione di un personaggio e del suo carattere e con esso si modifica, deforma ed evolve continuamente.
La necessità di mettere costantemente in relazione lo sviluppo musicale all’idea narrativa di fondo non si traduce però in un indebolimento dell’attenzione per la forma e per la resa estetica. Berlioz infatti dà vita ad una composizione estremamente complessa, vivace e innovativa nella quale egli è alla costante ricerca di effetti particolari se non bizzarri, ritmi singolari, strumentazioni ed armonie originali.
Anzi il valore della Sinfonia fantastica sta non tanto nel programma quanto nei suoi aspetti musicali. E tra gli aspetti musicali emerge in funzione dominante, per la prima volta nella storia della musica, il timbro. Ascoltando la Sinfonia Fantastica, infatti, si può anche non tenere presente il programma tale è la ricchezza della musica, l’originalità delle melodie, la genialità delle atmosfere create.
La prima esecuzione avvenne il 5 dicembre 1830 al Conservatorio di Parigi ed ottenne un grande successo a livello internazionale. L’organico orchestrale della Sinfonia presentava alcune novità rispetto all’orchestra d’epoca classica: troviamo, per esempio, quattro timpani, un clarinetto piccolo tra i legni, due tube tra gli ottoni, una sessantina di archi e ben quattro arpe. Per l’ultimo movimento erano richieste perfino delle campane da chiesa. “Un’immensa composizione strumentale di un genere nuovo, con cui cercherò di impressionare fortemente gli ascoltatori”, così Berlioz presentava la sua stessa opera.
Come è stato giustamente affermato: questa sinfonia è una sorta di spettacolosa coreografia fatta appunto di timbri. Berlioz fu unico nel saper creare impasti strumentali fino a quel momento del tutto inimmaginabili, basti citare un esempio, quando subito prima della fine del terzo movimento, “Scena nei campi”, il passaggio esposto dal corno inglese e dai quattro timpani suggerisce il brontolio dei tuoni in lontananza. Impasti strumentali che pullulano soprattutto negli ultimi due movimenti, in cui si presentano come un crescendo stupefacente di nuove e originali sonorità orchestrali che, per dare vita a quelle impressionanti atmosfere allucinate e grottesche della marcia al supplizio e del sabba, giungono fino a deformare quello che è normalmente considerato il timbro naturale degli strumenti, sfruttando le loro potenzialità come non si era mai fatto prima: Ascoltiamo il terzo movimento cliccando QUI
La qualità sonora del timbro acquisì tanta rilevanza nella musica del secolo successivo. Si trattò di un cambiamento epocale in quanto rispecchiava contenuti sociali e di drammatica testimonianza di un’amara realtà: la prima guerra mondiale, le contraddizioni politiche, la perdita di valori ideali e le aspre lotte di classe che caratterizzarono il mondo culturale di inizio Novecento. I processi maturati nelle arti di fine Ottocento raggiunsero improvvisamente un punto di crisi irreversibile che rendeva necessario uno stacco nei confronti delle regole della tradizione, dando i natali a un’epoca totalmente nuova.
In copertina un’immagine di Hector Berlioz presa da wikipedia