Il raccontastorie Garuti e la leggenda nera
Di Geraldine Meyer
Lo penso ogni volta che leggo un libro di Maurizio Garuti. Penso che mi piacerebbe andare a San Giovanni in Persiceto, dove vive, telefonargli e dirgli: “Dai Maurizio, andiamo nei locali della Confraternita Operaia, ci beviamo del buon vino e mi racconti qualche storia.” Perché è innegabile quanto Garuti sia un gran “raccontatore”, un affabulatore, innamorato del suo territorio e della sua storia e storie. È stato così per tutti i suoi precedenti libri ed è così anche per questo Il caso Cianciulli. La Saponificatrice di Correggio. Anche questa storia, vera, diventa tra le pagine di Garuti un palinsesto romanzato, una trama cucita con perizia e ritmo che, senza alterare la verità storica, la riveste di un narrato letterario. In cui, ad essere immaginati, sono semmai i dialoghi, i moti dell’animo, le espressioni dei visi. Ma la storia non viene mai alterata.
Questa è la storia della prima serial killer italiana, quella Leonarda Cianciulli che scosse l’opinione pubblica italiana negli anni a cavallo tra la fine dei ’40 e gli inizi dei ’50. C’era ancora la guerra in corso quando questa donna del sud comincia a scuotere la placida e campestre provincia, quella Correggio fatta ancora di campagna e cascine. Alcune donne spariscono. E forse non se ne sarebbe saputo nulla se un’altra donna, parente di una di esse, e il commissario Serrao (che davvero condusse le indagini) non avessero deciso che quelle sparizioni chiedevano giustizia.
Attorno alla Cianciulli si creò un clima quasi leggendario. Quella donna del sud, che le fotografie rintracciabili su internet ci sbattono in faccia con un’espressione dura e quasi di acciaio, uccideva le sue vittime, le faceva a pezzi e ne ricavava sapone. O almeno questo era ciò che si diceva. Ma era davvero così? Lo sapremo alla fine del libro, come si conviene a una storia così confezionata.
Ma ciò che trascina letteralmente il lettore è quella capacità che Garuti ha di raccontare non solo la storia in questione ma, anche, un pezzo d’Italia, uno scampolo di tempo e tempi che narrano il contesto. Cosa indispensabile per comprendere ancora meglio le dinamiche umane, familiari, sociali e paesane (detto con rispetto) che mettono ancor più in risalto i vari personaggi della vicenda. È un’Italia ancora in guerra, c’è il regime fascista di cui, in alcuni punti, Garuti restituisce l’eco. Uomini e donne sono impegnati a sopravvivere e poi, a fine conflitto, a rinascere. E in mezzo a tutto questo ancestrali follie (ma saranno davvero tali?), difese dei legami madre-figlio (scoprirete perché), silenzi, paure, incolpevoli complicità ( e anche questo ossimoro diverrà chiaro leggendo) indagini, perizie psichiatriche. E, come spesso accade, verità giudiziali che diventano quasi “ingenue” omissioni e frettolose conclusioni. Per dare l’esempio e per non accettare che le cose possano essere ancora peggiori di quanto appaiano.
Egida
Romanzo
Minerva
2023
190 p., brossura