Piccoli segreti mantovani. La bella provincia italiana
Di Geraldine Meyer
Che cosa si fa quando si scrive di luoghi? Si compie, quasi sempre, un’operazione di questo tipo: due fogli di carta separata da un velo di carta copiativa. Sul primo si scrivono luoghi, piazze, caffè, paesi. E, come per magia, sul foglio nascosto compaiono nomi, ricordi, immagini, odori, luci, suoni. Sul primo foglio una geografia fisica e una toponomastica. Sul secondo foglio una geografia dell’anima. Che è un po’ quello che accade con le pagine di questo Piccoli segreti mantovani del giornalista Fabrizio Binacchi. Un libro che solo apparentemente può essere di interesse solo per chi a Mantova sia nato e cresciuto. Perché qui, in realtà, c’è una sorta di narrazione dei territori che ci riguarda tutti. Anche quando non ci mettiamo a scrivere di essi.
Piccoli segreti mantovani ci ricorda che, in fondo, l’Italia e il suo tessuto connettivo sono i paesi e le città di provincia. Anche se il termine provincia andrebbe discusso e ridiscusso, troppo spesso confuso e sovrapposto a provincialismo. Non è così. Si tratta solo di una categoria dello spirito, se così vogliamo chiamarla, che comprende, inevitabilmente, una dimensione fisica ma anche temporale e psicologica. Culturale, prima di tutto.
Allora i racconti/ricordi di cui si compone questo libro diventano quasi una mappa di parole per muoversi tra immagini che, anche se non evocative per tutti delle stesse cose (come è inevitabile che sia) diventano evocative di qualcosa per ciascuno di noi. Come negare che per tutti c’è, anche se con altri nomi e modi, un rito del cotechino a ferragosto, cioè qualcosa di eccentrico rispetto ai rigidi tempi cittadini? O le ombre e i silenzi di una corte di campagna? O le atmosfere di un bar/locale da cui abbiamo guardato e ascoltato il mondo? Una piazza che è stata palcoscenico di umanità varia, vanità politica e luogo di ascolto di una imprenditoria illuminata che ha fatto molto per molti?
Piccoli segreti mantovani ci porta tra le atmosfere delle golene del Po’, con il suo caldo estivo e le nebbie autunnali, tra nomi di paesi che diventano quasi un rosario laico (ma non per questo meno religioso) di identità e aneddoti, gite, avventure e ricordi.
Perché si scrive un libro così, in cui, in definitiva, non è che ci vengano raccontate grandi avventure o eventi che hanno cambiato la storia? Forse proprio per questo. Perché, c’è poco da dire, siamo molto del luogo in cui siamo nati e, in fondo, siamo molto di quel che quel luogo evocano in noi nel ricordo. A ciascuno il suo. Come scrive Giancarlo Malacarne nella bella prefazione: “Come si fa a non essere partecipi di un sogno nel quale ognuno può senza sforzo ritrovarsi? Come non apprezzare un cammino incardinato su luoghi della mente che debbono e possono essere comuni, per quella storia semplice e vitale che ci ha visti protagonisti?”
Piccola Biblioteca Oligo
Letteratira/ricordi
Oligo
2023
173 p., brossura