Storia di un anticristo
Di Luca Morettini
Sul finire del libro, molti che intervengono iniziano con una premessa, sempre la stessa: cosa poter dire di più sulla carriera e la vita di John Lydon che non sia stato detto più volte, sviscerato, analizzato, torchiato fino all’osso? Perché, a dispetto di tante storie, quella di colui che negli anni’70 si faceva chiamare Johnny Rotten è fatta di avvenimenti precisi, forse non tantissimi, ma dove a voler approfondire ci si potrebbe restare a parlarne per secoli e secoli. Perché ci sono i Sex Pistols durati poco più di due anni, ci sono i Public Image che nella corrente new wave sono stati precursori, innovativi e fondamentali anche se ciò si riduce ai primi tre dischi e il resto è un buon rock di ottimo livello con venature pop. E poi c’è l’impatto culturale abnorme che da dietro il suo microfono il signor Rotten/Lydon con i suoi capelli sparati in aria dai mille colori diversi, la sua voce straniante e, soprattutto, il suo sguardo folle, ha avuto nelle ultime decadi del ‘900.
Non solo lui, verrebbe da contestare, ma la velocità e la forza con cui si è imposto come tale in pochi, pochissimi ce l’hanno avuta.
I vari giornalisti chiamati a contribuire al libro di Vanni Neri edito da Arcana “Da Johnny Rotten a John Lydon. L’immagine pubblica di un anticristo” ricorrono ad un efficace escamotage: si affidano ai ricordi, a ciò che la figura del cantante ha significato per loro. Ed è quello che vorrei fare pure io, sul finale, dopo aver introdotto qualche informazione sull’opera in questione.
Il libro di Vanni Neri ha il pregio di colmare una lacuna, ovvero concentrarsi sulla carriera di Lydon quando fondò i Public Image Ltd, aspetto che molte biografie non considerano poiché ammaliate dalla potenza, la rivoluzione e il caos della vicenda dei Sex Pistols e, di conseguenza, il proseguo della carriera di Lydon su lidi di stampo più classico di ciò che forma la biografia di una band “normale” non desta lo stesso interesse.
Non ci furono solo i Pil ma anche il suo unico disco solista, la collaborazione con gli Afrika Bambaata e i Letfield, la pellicola “Copkiller” assieme ad Harvey Keitel. Retroscena, spiegazioni, testimonianze di alcuni diretti interessati. A tutto questo Lydon ha dedicato la sua seconda biografia “Anger is an energy”, ma in Italia non è stata ancora pubblicata ed è a questa funzione che il libro di Neri assolve il suo scopo, nonostante un incedere, specie nella seconda metà, molto schematico quasi da elenco e, prima volta che mi accade di notarlo in maniera così elevata, un numero ampio di errori di stampa. Dettagli tuttavia che non intaccano l’interesse della lettura.
Ed ecco la domanda fatidica: cosa si può dire di più su questo personaggio schizoide, caustico, incline a dichiarazioni spiazzanti e forti, contraddittorio, sarcastico fino all’insolenza e dalla presenza scenica unica?
Risposta: la mia considerazione personale, come già annunciato.
Ferragosto 2006. Esco dal parrucchiere e vado nell’allora esistente reparto audio/video di un supermercato affianco con l’intenzione di vedere se, col resto del taglio dei capelli, mi ci scappa di comprare un cd a buon mercato. Invece torno a casa con in mano una copia del film “The Great Rock’n’Roll Swindle”, un documentario di Julien Temple che narra in modo del tutto non obiettivo (a uso e consumo della visione del manager Malcom McLaren) la folle storia dei Sex Pistols, band di cui io conoscevo un paio di canzoni in croce e poco altro. Ma ai tempi ero un appassionato di cinema in modo viscerale, avevo letto da poco che quello era un film raro e tanto bastò per decidere di comprare l’allora fresca ristampa. Semplicemente volevo averlo.
Film in lingua inglese, non ci capii molto, però neanche del punk sapevo qualcosa quindi la visione risultò ancora più confusa. Ma una scena, verso l’inizio, ebbe su di me un effetto che non ho mai più provato nella vita: un’illuminazione. Rotten canta “Anarchy in the UK” e la telecamera riprende il suo sguardo arrabbiato. Sembra che i suoi occhi dicano “è vero, sono marcio e schifo. Ma sono fiero di quello che sono.”
Ecco quindi cosa poter dire di più della figura di John Lydon: un immenso grazie, perché se quel giorno non avessi visto quella scena e non fossi venuto a contatto con la sua figura io non sarei qui a parlarne, a scriverne, a viverne come ho fatto in tutti questi anni.
Musica
Biografia musicale
Arcana
2023
272 p., brossura