Quei luoghi in cui ci siamo inventati la vita
Di Geraldine Meyer
“Un paese ci vuole” – diceva Pavese – a cui tornare per poi andare via”. Per poi tornare e ripartire, viene voglia di aggiungere. Un paese, un luogo, un cortile, un angolo di mondo. A volte, per trovare e riannodare i fili di una vita non bastano i ricordi, i pensieri. Bisogna proprio tornare in un luogo, che di solito è legato all’infanzia. Un luogo in cui ci si è inventati la vita tra gioie corsare, dolori che sembravano infiniti.
Questo è un po’ Appetricchio, immaginario eppure reale paese della Lucania che da il titolo all’omonimo e bellissimo libro di Fabienne Agliardi. Che, infatti, a conclusione del testo scrive: “Petricchio esiste nella misura in cui vogliamo farlo esistere. […] Da qualche parte c’è una Petricchio per tutti.” Luogo fisico, dunque, ma anche luogo di una personale, spaesata geografia dell’anima.
A raccontarcelo, una storia corale. Una famiglia di Brescia che, ogni anno, per lunghi periodi, dal nord scende al sud per trascorrere vacanze e vita in questo paese. Petricchio che, la lingua del luogo, trasforma in Appetricchio. Perché c’è sempre una a davanti ai nomi. Bresciani di nome e di fatto, visto che Bresciani è anche il cognome. Sono Guidodario, Rosa, Mapi e Lupo, gemelli bambini quando cominciano a frequentare il paese delle loro origini materne. Un paese da cui si vede il mare, con tutte le sue promesse, ma al cospetto del quale non si va mai perché raggiungerlo è troppo complicato.
Appetricchio, come tutti i piccoli paesi, è un palcoscenico di persone e storie, rivalità, antichi rancori eppure di legami inossidabili. Un luogo in cui, apparentemente, non c’è niente da fare eppure, proprio per questo, si inventa ogni istante qualcosa. Un gioco, una festa, un’avventura, una bugia. Uno stare insieme anche nell’antica, atavica e mai superata diffidenza verso il forestiero. Un muro che si abbatte anche quando sembra insormontabile perché anche la diffidenza è, infondo, un modo della relazione.
Un palcoscenico di soprannomi, quella particolarità a volte crudele ma sempre precisa che in una parola riassume vita, difetti, lavoro, modi di stare al mondo. Appetricchio è l’estate e l’inverno del calendario ma anche una stagione dell’esistenza di tutti i protagonisti. Qualcosa che si ripeterà per tanti anni fino a quando accade qualcosa di doloroso, che spariglia, disorienta, allontana. Le persone tra loro e le persone dai luoghi. O almeno così sembra. Da Appetricchio molti se ne vanno, qualcuno muore. Eppure qualcosa resta. E quando dopo vent’anni di assenza Mapi e suo padre tornano al paese in occasione del lockdown del 2020 accade qualcosa. Un richiamo più forte del tempo che è trascorso, un’altra festa di San Rocco da organizzare. Qualcosa e qualcuno da cui tornare.
Le strade
Letteratura
Fazi Editore
2023
283 p., brossura