Marco Candida è autore di 17 romanzi e due raccolte di racconti. Il suo esordio è del 2007 con La mania per l'alfabeto, Sironi Editore. Nel 2010 è stato incluso nell'antologia americana Best European Fiction. Suoi racconti sono apparsi su importanti riviste americane e alcuni suoi scritti sono stati oggetto di tesi e corsi universitari. Per ulteriori informazioni consultare il suo profilo facebook

Come in cielo

Di Marco Candida

Ascanio è tornato a casa dai suoi genitori. Adesso è nella sua cameretta steso sul letto a pancia in su. Indossa una maglietta, ma la maglietta si è alzata scoprendo l’ombelico. Lo disgusta l’immagine di quella fetta di pancetta innalzantesi come una montagnola dal centro del suo corpo. Piena di peli e peletti e bianchiccia. Diversa da quando aveva dodici anni. Quindici anni. Venti. A quell’età si avvistavano le sole costole sporgenti del costato. La pancia era in basso, tesa e luccicante. Di colore aureo o di un sano rossore. Non bianchiccia e pelosa. Ascanio si abbassa la maglietta. Si sente un’idiota in quella situazione. Ma non ha alternative: può stare dai suoi, per adesso. Almeno fin quando questo guaio non si risolverà. Per Ascanio i tentativi sul piano legale, anche andassero a buon fine, non risolverebbero, ma anzi aggraverebbero, le cose. Per salvarsi dalle accuse di calunnia e omissione di soccorso, Ascanio è costretto ad accusare Nives di simulazione di reato e calunnia. A rovinarla. Nives non sa cosa va rischiando, troppo obnubilata dal demone albergante nel suo corpo. Ascanio ha ascoltato l’avvocato e non si è sognato neppure di raccontargli la parte esoterica riguardante la seduta spiritica e l’ipnosi di massa subita nel corso di una rappresentazione teatrale in luogo di Arquata Scrivia. Però, il problema è lì. Un problema interiore: una malattia dell’anima. Gli avvocati possono ben poco in questi casi. In più, l’idea di far finire in carcere, o mettere nei guai, Nives, fa tremare Ascanio. Non vuole. Ascanio ama Nives. Gli manca. Sì, sta attraversando un periodo negativo, ma è la persona migliore del mondo. Gli manca anche Cristoforo. Il tran tran quotidiano. Aveva una vita. Ora cos’ha? Dovrà ricominciare da capo. E con chi, poi? Nulla è possibile senza Nives. Non per lui.

Sembrerà paradossale, ma più che preoccuparsi di sé stesso, Ascanio è in apprensione per Nives. Salvando sé stesso condannerebbe Nives. Salvando Nives, d’altra parte, finirebbe in gattabuia e per di più a causa di reati inesistenti. Si trova incastrato in una situazione sconvolgente. Di punto in bianco. Per nulla. Un equivoco. Un concorso nefasto di eventi. Il suo nome compare pure nella cronaca locale. L’impiego dell’elisoccorso e della Forza pubblica ha attirato la curiosità dei giornali. Si chiede se finiranno sui giornali pure le accuse di Nives nei suoi confronti. Che situazione. Adire le vie legali non gli sembra per niente la soluzione. La soluzione è parlare con Nives. Farla ragionare. Farle capire cosa rischia. Cosa rischiano. D’altra parte, Ascanio non può telefonarle né presentarsi a casa sua. Nives non gli risponderebbe né gli aprirebbe la porta. Magari chiamerebbe i carabinieri accusandolo di stalking e atteggiamenti molesti. A questo punto, tutto ci si può attendere da Nives. La donna della denuncia più facile del West. Che situazione imbarazzante. Ma Ascanio non riesce a odiarla. Sa cosa ha in corso. Nives è indemoniata. Posseduta. D’accordo, forse sono corbellerie; ma conta l’opinione, e i sentimenti, di Nives, a riguardo. Autosuggestione. Nives è convinta di avere dentro un demone, se non Satana in persona: ed agisce di conseguenza. Recita quella parte. Esegue quel ruolo. Non è più lei. Satana agisce in lei.    

Se solo non l’avesse portata all’Arquata Fringe Festival…!

L’episodio spartiacque.

Ad Ascanio viene un’idea. Piglia il cellulare (arimane maledetto: lui lo ha messo nei guai, in fin dei conti: il cellulare!) e si mette a fare ricerche su Internet. Imposta su Google una ricerca dell’Arquata Fringe Festival. Gli compaiono highlights di articoli di giornale relativi all’evento. Per lo più giornalismo online, ma anche siti di giornali distribuiti nelle edicole. Non c’è una profusione di questi articoli, ma tutti quanti celebrano l’evento come un successo. In effetti, i tendoni erano brulicanti di pubblico. Il tendone delle porchette e dei panini con la salamella un alveare. Scorre gli articoli e poi incappa in un programma. Una brochure in formato pdf. La scarica e la apre. All’interno trova la lista delle rappresentazioni teatrali, ed ecco Spirito Allegro di Noël Coward. Dà un’occhiata al nome della compagnia teatrale o degli attori. Ares Marchetti. Virginia Geghini. Mario Colasante. Imposta una ricerca con questi nomi. I tre hanno fatto altri spettacoli di Spirito Allegro. Ci sono anche fotografie di una band heavy-metal. Ascanio finisce sul profilo Facebook di Virginia Geghini, e qui trova fotografie dello spettacolo. Molti likes. Nell’intestazione del profilo c’è la fotografia di un pentacolo satanista. Ascanio sta per uscire dal profilo Facebook tornando alla pagina di Google per impostare un’altra ricerca sulla Geghini, quando gli viene in mente di cliccare sulle informazioni. La Geghini è di Travacò Siccomario, ma abita a Pavia. Ascanio trova il numero di cellulare. Non solo, ma trova pure l’indirizzo di casa. Nello status c’è scritto “Convivente con Mario Colasante e Diego Marchetti”. I tre vivono insieme. Forse. Ascanio salva il numero di cellulare e annota l’indirizzo. Si passa una mano sulla faccia cercando di levarsi i dubbi.

Si tira in piedi e si mette in moto.

Deve fare un viaggio a Pavia.

I tre abitano in una zona ai margini di Pavia occupando una villetta catapecchiosa simile a una casa stregata da film dell’orrore. Due piani, dall’esterno dà l’idea di essere sui quattrocento metri quadrati: duecento al piano di sotto e duecento al piano di sopra. Probabile però ci sia un piano interrato, una cantina o un garage. I tre senz’altro l’hanno adibita a sala prove, e ci passano il tempo. Quella catapecchia deve attestarsi pertanto sui seicento metri quadri circa. Non appare costruita con assi di legno nero e scortecciato, il tetto a punta con le tegole scalcinate e i vetri alle finestre rotte, ma poco ci manca. La scorticatura sulle mura della casa è agghiacciante. Interi pezzi d’intonaco si sono staccati lasciando continenti deformi di stucco alle pareti come una carta geografica. Le mura sono piene di scritte spray e sgorbi senza senso. Pasticci. Sono in quantità e servono a coprire le brutture delle mura della casa. Non ci sono quantomeno simboli satanici come pentacoli, teschi, volti di demoni. Solo scarabocchi: disegni spiraliformi, schizzetti. Sono stati usati spray blu, ma anche verde acido, rosa e giallo. Nel complesso la casa dà l’impressione di un pasticcio colorato, ancorché inquietante. Stucchi e infissi cadono a pezzi. L’ingresso principale oltre a essere ricoperto di ghirigogoli spray verde acido e arancione presenta una fenditura lungo l’asse longitudinale. I vetri delle finestre hanno cornici di polvere spesse un dito e sono punteggiate di ditate di unto e scaracchi di varia natura. I tendaggi sembrano canovacci da cucina appesi alla bell’e meglio. Il giardino è pieno di lattine di birra vuote e mezze schiacciate. Cartacce untuose. Un lettino di plastica bianco per prendere il sole è mancante di due o tre stecche. La parte superiore è mezza rotta. Un tavolino è capovolto gambe all’aria. Acuendo la vista Ascanio riconosce mozziconi di sigaretta ovunque: filtri simili ad api e vespe morte. In più, avvicinandosi un’assordante musica heavy-metal lo investe facendogli quasi rizzare i capelli in testa. La casa è isolata in quella zona di Pavia. Forse non è nemmeno Pavia, ma l’hinterland. Comunque, Ascanio ci è arrivato facile seguendo le indicazioni vocali di Google Maps sull’I-Phone. Non gli frega stabilire se stia nell’hinterland o nel centro storico.

Si è messo giacca e camicia azzurra e un paio di pantaloni eleganti. Scarpe lucide. Si è pettinato i capelli con una riga da una parte. Ben ingellati. Ha inforcato anche un paio di occhiali con montatura di metallo, quantunque ad Ascanio non servano. Si è fatta la barba, e ha un volto glabro, quasi adolescenziale. Però teso sugli zigomi e dalla pelle sulle guance tirata. Sa con quali ragazzi ha da fare. Scapestrati, magari figli di papà. Radical-chic di ultima generazione. O magari, esponenti del sottoproletariato. Il barometro della reale posizione sociale dei tre ventenni si manifesterà attraverso il loro grado di umiltà. Se sono umili, sottoproletariato. Se sono stronzi, radical chic. Convivendo con Nives, Ascanio sa cosa sia il vivere selvaggio: potrebbe dare lezione ai tre ragazzi, e magari, con l’età che ha, ergersi in breve a loro guida spirituale. Ma preferisce rimarcare le differenze. Per questo si è vestito elegante. Però si è ficcato nel taschino della giacca un rotolo di banconote tenuto insieme da un ferma-soldi Gucci taroccato. Le banconote spuntano dal taschino ben visibili. Ascanio suona al citofono percependo sotto il polpastrello una sensazione di appiccicaticcio. Un rutto esce dal citofono. Poi, sghignazzate.

«Chi è?»

«Buongiorno. Vi vorrei proporre uno spettacolo teatrale. Posso parlarvi?»

Silenzio.