L’incanto dei luoghi
Di Geraldine Meyer
Che cosa sono i luoghi speciali? E perché, incontrandoli, ci viene in mente di definirli così. Valentina Evangelista, autrice di questo L’incantesimo dei luoghi, ce lo spiega subito, a inizio libro. Si tuffa immediatamente, e noi con lei, nelle parole, sfogliando il dizionario. Alla ricerca di una definizione. E scopre che qualcosa risuona. Quella parola, speciale, è qualcosa che non ha a che fare con la bellezza. Sembra più un risuonare corde ataviche, sommerse, che forse neanche sapevamo di avere dentro di noi. E che, all’improvviso, si mettono in risonanza con ciò che vediamo, con i luoghi in cui ci troviamo. Che sia questo l’incanto?
Tra storia, geografia dell’anima, architettura e alchimia Valentina Evangelista ci porta con lei in un viaggio le cui tappe sono sì legate da un filo rosso (per scoprire in che senso però dovrete leggere il libro) ma non rispondono a nessuna programmazione. Sono semmai qualcosa che assomiglia molto alla serendipity, al trovare ciò che non si sta cercando. E da lì, continuare per altri viaggi. In una sorta di riconoscimento a posteriori. Un riconoscimento che non chiede che, prima, vi sia stato un “conoscimento”.
L’incantesimo dei luoghi è un itinerario tra quelli che l’autrice chiama “libri di pietra”. Ostinata testimonianza, fanciullesca presenza, costruzione materiale di qualcosa di immateriale che, anche nello spazio fisico, non perde la sua immaterialità. O spiritualità, possiamo anche chiamarla così.
I luoghi di cui l’autrice ci narra non sono necessariamente sconosciuti. Anzi. Il Sacro Bosco di Bomarzo o il Giardino dei Tarocchi a Capalbio non sono certo mete ignote o nascoste. Il loro essere speciali, per l’autrice, è qualcosa che ha a che fare con una ricerca, un susseguirsi di domande. Uno sguardo. Ciò che conta è lo spazio di relazione, così personale e intimo, che si stabilisce con alcuni luoghi. È ciò che alcuni luoghi ci costringono a mettere in gioco, a cambiare. Scrive infatti Valentina Evangelista: “Le cose intorno a me si stavano trasformando, anzi trasmutavano […] O, forse, a pensarci bene, ero proprio io, ponendomi nuovi interrogativi e inaugurando insolite riflessioni, ad avere mutato punto di osservazione e persino il mio stesso modo di guardare le cose e alle cose.”
Questo l’incanto dei luoghi? L’inedito dialogo che si genera? Lo scoprire che lo sguardo può mutare noi ma anche loro? Non è casuale, dunque, il richiamo all’Alchimia e alla continua trasformazione. Un altro scrigno prezioso della collana Piccola filosofia di viaggio di Ediciclo Editore
Piccole fughe verso l'ignoto
Saggistica
Ediciclo Editore
2023
89 p.,