DIALETTO, LINGUA, PAROLA: IL “CANZONIERE” DI PASOLINI NELLA RACCOLTA DI SAGGI DI BIBLION EDIZIONI
di Federico Migliorati
A Milano nel maggio 2022 su iniziativa del Centro Apice (Archivi della Parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale) in collaborazione con l’Università di Milano e con vari patrocini tra cui quello dell’Accademia della Crusca e dei due centri studi pasoliniani di Casarsa e Bologna è stato organizzato un convegno dedicato ad approfondire il tema della poesia popolare e del valore dei dialetti nella produzione di Pier Paolo Pasolini, convegno che ha condotto a un dibattito ampio e approfondito. Da quell’evento è poi nata l’esigenza di riunire in un volume gli atti più importanti, prodromici a un’ulteriore serie di saggi inediti destinati a coprire gli aspetti espunti o non trattati in tale sede. Per le vivacissime Biblion Edizioni nella nuova Collana “Il debol parere. Itinerari alternativi di storia linguistica italiana” è ora disponibile il libro “Per una nuova vita del popolo italiano”, il cui titolo è ripreso dall’incontro di studi, che offre una nuova visione circa modelli e forme di quella pregevole opera edita nel 1955 da Guanda quale fu il Canzoniere italiano del poeta, scrittore e cineasta friulano.
Il testo riceve la curatela di Elena Felicani, Rita Fresu e Giuseppe Polimeni e reca contributi di Claudio Marazzini, Paolo D’Achille, Mauro Novelli, Ferdinando Mirizzi, Gabriele Baldassari, Alberto Carli e con i testi legati alla Tavola Rotonda “Ploja tal cunfins – La radice (antica) della diversità” di Bruno Pischedda, Pierpaolo Carotenuto, Maria Teresa Venturi e Matteo Liguori, mentre l’introduzione è affidata ai tre curatori del volume. Poesia, popolo, dialetto, lingua nazionale, letteratura sono le parole chiave che recingono l’intera opera, trattati con dovizia di particolari laddove essi vengono a contatto e solidificano la loro presenza su territori comuni: segnatamente il discorso attorno al valore della poesia popolare e della poesia dialettale, così come enucleato in Pasolini, cade sotto la lente d’ingrandimento e va dunque a colmare una lacuna, l’assenza cioè di un dibattito che poteva essere fecondo e produttivo, all’indomani dell’uscita del Canzoniere. Si era nel 1955, in periodo di florilegio culturale, di riviste “motori” della discussione politica, letteraria e civile, di testi che pure si prestavano a una disquisizione a tutto tondo (non dimentichiamo che, di lì a un anno, sarebbero uscite per Einaudi le Fiabe italiane di Calvino, tramite le quali si operò pure un deciso lavoro di riscrittura e soprattutto di riscoperta del “popolare”). Citare il Canzoniere significa addentrarsi in una delle creazioni letterarie di maggiore spessore del poeta di Casarsa, non solo per i contenuti sibbene per l’ampiezza del sostrato che ne sta alla base e che viene preso in esame, sotto molteplici aspetti, dalle relazioni inserite nel libro di cui parliamo, in cui sullo sfondo si staglia quel viaggio nella cultura popolare che muove dalla considerazione di star assistendo, già all’epoca, al suo genocidio da parte della società consumistica, come rileva lo stesso Pasolini. Si badi bene tuttavia che, e già è stato accennato più sopra, poesia dialettale e poesia popolare (quest’ultima considerata nascente tra Tre e Quattrocento) se non in antitesi hanno origini, sviluppo e destinatari molto diversi, come bene rileva D’Achille, il quale dopo il breve ma gustoso contenuto portato da Marazzini circa il suo mancato “incontro” con il grande scrittore, amplia la sua dissertazione richiamando i neologismi, pur non codificati ufficialmente, generati dallo stesso Pasolini: è il caso, per non fare che un solo esempio, di “bistilismo”. Di un forte legame con Pascoli, segnatamente quello dei Poemetti di matrice rurale-contadina, parla Novelli, quel Pascoli del resto su cui il poeta friulano incentrò la propria tesi di laurea e che, depurato da certo stile e metrica, egli vede fortemente identitario di un’epoca e di una classe sociale a lui affini per quanto la parabola di vita sia stata decisamente diversa: si prenda, a suffragio di ciò, “Ceneri di Gramsci”. Ferdinando Mirizzi volge la sua attenzione, invece, a una sfaccettatura non a sufficienza compulsata: l’attività di antropologo di Pasolini, pur fuori dal professionismo e dal tecnicismo ma proprio per questo maggiormente a suo agio nel rilevare certe cifre di fondo avvalendosi altresì delle ricerche insorte tra Otto e Novecento. In questo caso a coincidere con la medesima sua convinzione di fondo è la visione gramsciana per la quale la poesia popolare è, in buona sostanza, la risultante di un rapporto dialettico tra le classi dominanti e quelle subalterne. Canto popolare e regolarità/irregolarità metrica sono al centro del saggio di Baldassari il quale prende spunto da due film dell’autore in questione, “Mamma Roma” e “Decameron” per intessere un’efficace argomentazione sulla separazione-cesura in fatto di versi popolari tra la linea epico-lirica del Settentrione italiano e quella lirica del Centro-Sud in ciò sostenendo la teorica bigenetica già fatta propria da studiosi di vaglia in passato. “Di opera centrale, di crinale, cambiamento e transizione” scrive Carli circa il Canzoniere italiano, testo che, forte anche di una poderosa Introduzione, che porta Pasolini a recepire il significato più genuino del dialetto, vera “lingua della poesia” oltre che della realtà. Accenniamo qui a una interessante diatriba tra Pasolini e Calvino circa la concezione di poesia popolare, ben sapendo quanto tra i due il valore offerto al dialetto fosse sostanzialmente agli antipodi. Sugli stilemi più originali del poeta di Casarsa, infine, si muovono i saggi della Tavola rotonda menzionata all’inizio: così se Pischedda lavora di cesello rispolverandone il suo “particolarismo” e ormai inserito a pieno titolo in ambiti quali antropologia e semiologia, Carotenuto guarda con acribia a certe vicinanze con il francescanesimo complice l’ideologia pasoliniana tendente a un ritorno a un mondo incontaminato e incorrotto; Venturi raccoglie le proprie considerazioni che ruotano attorno all’importanza dell’esprimersi, fulcro esistenziale in Pasolini. A chiusura del volume Venturi riporta le lancette della storia al periodo “politico” del poeta, alla sua adesione comunista unita a un’attenta difesa dell’identità friulana ancor più quando si distaccherà dalla sua regione d’origine per stabilirsi a Roma “scoprendo”, anche nella capitale, la necessità di una promozione a più livelli dei dialetti.
Saggistica
Biblion
2023
185 p., brossura