Lunga vita a Cormac McCarthy
Di Marcello Chinca
Tra i più grandi scrittori americani di sempre, il vate che ha delineato la cancrena che è l’umanità sotto il tallone di ferro del tardo Capitalismo, il profeta, il narratore delle praterie e degli indiani sterminati in nome del profitto e delle piste dei bisonti estinti, di quelle dei cavalli selvaggi,
Del cowboy Nobile sopravvissuto, ultimo latore della vendetta sacrosanta, l’oracolo del collasso del Mondo, dell’umanità degenerata, il visionario che ha vaticinato l’Apocalisse ora in atto. L’uomo che più di tutti aveva una predilezione per i cavalli. L’Omero che ha raccontato questa civiltà agli sgoccioli. Con uno stile letterario unico, aulico, inimitabile. Raffinatissimo quando la narrazione si auto genera in poesia, sintetico nel dialoghi come Hemingway appunto, oltre ad una capacità speciale di ricavare dalla narrazione l’insorgere del Mito, veramente lo puoi paragonare ad Omero per la grandezza di una narrazione che è escatologica pur sempre nell’alveo laico della filosofia da Kierkegaard e Schopenhauer, fuori dalla dicotomia Bene e Male tipica di giudaismo, cattolicesimo e protestantesimo Cormac pare così attestarsi ai concetti del BaghavadGita in cui il guerriero Arjuna, figlio del dio Indra, prima della battaglia di Kurukṣetra, si troverà nel dubbio se dover uccidere i membri della sua stessa famiglia, mentori e amici, dubbi e sconforto che solo Kṛṣṇa (emanazione del dio Viṣṇu) riesce a dissipare imponendogli di rispettare i suoi doveri regali, perché ciò è l’essenza del Dharma, ciò che accadde per proteggere gli esseri benevoli, “Perché il Sé non uccide né può essere ucciso. Questo Sé non è mai nato né perisce. Né essendo venuto in esistenza cesserà mai di essere.”«È meglio adempiere il proprio dharma anche se senza merito, che fare bene il dharma di un altro. Chi compie il dovere prescritto dalla propria natura innata non commette peccato.»
Last but non least il tema della violenza è cruciale per questo scrittore, sempre il BagavadGita afferma: “La Gita non sostiene certo la guerra, ciò che sostiene è la difesa attiva e disinteressata del dharma.»
Secondo Fernanda Pivano “È il mistero del Male e della violenza la grande ossessione di McCarthy, che fa lievitare le sue storie d’orrore ad altezze epiche, sulle orme di Faulkner.”
“Pensò che la bellezza del mondo nascondeva un segreto, che il cuore del mondo batteva a un prezzo terribile, che la sofferenza e la bellezza del mondo crescevano di pari passo, ma in direzioni opposte, e che forse quella forbice vertiginosa esigeva il sangue di molta gente per la grazia di un semplice fiore.” Da Meridiano di sangue
L’autore di Sutree, Trilogia della frontiera (Cavalli selvaggi, Oltre il confine, Città della pianura), Meridiano di sangue, Non è un paese per vecchi, La strada, Stella Maris, Il passeggero. Premio Pulitzer nel 2007 cui improvvidamente non è mai stato conferito il Nobel, c’ha lasciato in eredità un patrimonio immenso: un’intera epica della formazione della nazione americana, dei suoi originari orrori, della violenza (sociale, razziale, economica) che sfoceranno negli anni nel dominio di un sistema oligarchico destinato ad ambizioni imperialistiche globali, basato sulla speculazione finanziaria, sul puro profitto e sull’industria bellica.
1933-2023
“Quella notte sognò di andarsene a dorso di un mulo attraverso un bosco, su un basso colle. Sotto di sé vedeva dei cervi in un prato, e il sole illuminava l’erba. L’erba era ancora umida, e le zampe dei cervi ci affondavano dentro, fino alle ginocchia. Sentiva la spina dorsale del mulo muoversi sotto di lui, e teneva le gambe strette intorno alla pancia dell’animale. Ogni foglia che gli sfiorava la faccia accresceva la sua tristezza e la sua paura. Ogni foglia che si lasciava dietro, non l’avrebbe vista mai più. Gli accarezzavano la faccia come veli, alcune già ingiallite, le venature come ossicini sottili che risaltavano in trasparenza quando il sole le attraversava. Aveva deciso di continuare il suo viaggio perché tornare indietro non poteva, e quel giorno il mondo era bello come lo era stato tutti i giorni fin dal principio, e lui viaggiava verso la morte.”(pag. 143)
Figlio di Dio
Cormac McCarthy
Trad. R. Montanari
Einaudi
L’immagine di copertina è di Beowulf Sheenan, presa da einaudi.it