Invito alla lettura di Leopardi
Di Marcello Chinca
Leopardi segna una vetta insuperata di poeta che ha trasformato questa forma lirica in una piena e compiuta idea della storia e della vita degli uomini, frutto di un sapere enciclopedico, perciò è essenzialmente filosofo ed al contempo profeta, perché indicatore di un corso delle cose che non cambia la sua firma, il dominio della Natura che è anche la Natura in conciliata dell’umanità. Non è pessimismo, al contrario, di fronte alla inderogabilità di questo destino (che non sarà dipeso soltanto dai fatti degli uomini) l’uomo ha una risorsa: riconoscere la disfatta, la fine dell’idealistico, non illudersi del pur meritorio esprit illuministico, le macchine saranno un problema e così il positivismo che aleggiava già ai suoi tempi.
Eppure nell’affermare che un dio non esiste, che siamo soli e dannati, Leopardi ci indica una strada che è la fratellanza, l’amore per l’uomo, la dimissione verso l’altro nel suo dolore che è comune. Perché è la sola fede vera che ci può accomunare: Il dolore, il tedio, la verità che è vivere in me e negli occhi dell’altro.
Altro aspetto della sua poetica consiste nella strenua convinzione platonica che il mondo si divida non tra credenti ed infedeli, non a seconda della classe di appartenenza, ma secondo l’attitudine che uno ha di osservare il mondo fuori dalla caverna o meno, di scorgerne il senso profondo, l’implacabile della verità rilevata senza preamboli. Farsene interprete in una sorte di ascesi buddista senza mai ricorrere a palliativi. Schopenhauer deve moltissimo alla lezione leopardiana, così come l’intero esistenzialismo. Il più grande intellettuale italiano assieme a Dante, Boccaccio, Petrarca, Croce e Gramsci.
“Il più alto poeta della poesia mondiale”? Si!
In copertina un ritratto di Leopardi di Domenico Morelli, preso da wikipedia