Daddy Long Legs: un classico da riscoprire
di Laura Vargiu
È una storia semplice, quella che prende vita tra le pagine di Papà Gambalunga, ma ricca di garbo e molto coinvolgente che, seppure destinata anzitutto a giovani lettori (più alle ragazze, in verità, che ai ragazzi), offre una lettura decisamente piacevole anche a chi sia più avanti con l’età.
Attraverso una trama e uno stile che conquistano fin dal principio, infatti, la scrittrice americana A. Jean Webster (1876-1916) tocca temi legati alla realtà sociale del suo tempo: orfanotrofi, istruzione ed emancipazione femminile. Non a caso, la protagonista è un’orfana, Judy Abbott, “nata Gerusa”, che intorno ai diciassette anni riesce a lasciare il grigiore dell’asilo “John Grier”, dove era cresciuta senza aver mai conosciuto i propri genitori, per frequentare l’università grazie all’interessamento di un assai ricco benefattore; quest’ultimo, membro del comitato di amministrazione legato all’orfanotrofio stesso, dietro un nome fittizio, per tutta la durata degli studi resterà sconosciuto e silente per la ragazza, la quale, tuttavia, si impegna a scrivergli regolarmente per aggiornarlo sui suoi progressi e la vita nel nuovo ambiente.
Dopo la prima brevissima parte, in cui si conta il solo capitolo dal titolo “Il dannato mercoledì”, il romanzo si presenta in forma epistolare con le lettere di Judy indirizzate a colui che lei ribattezza prontamente “Papà Gambalunga”; benché la ragazza ci speri spesso, non giunge mai risposta alcuna da parte dell’uomo. E così si segue la vicenda della studentessa che racconta di sé con naturalezza, entusiasmo e spiccato senso dell’umorismo, attribuendo un volto via via diverso a questa sorta di padre adottivo a distanza, il cui mistero si svelerà soltanto alla fine del libro. E sarà un epilogo davvero sorprendente!
Pubblicato nell’ormai lontano 1912, dapprima a puntate su una rivista femminile statunitense, Daddy Long Legs (questo il titolo in lingua inglese) conserva ancora intatto tutto il suo brio e trasmette tra le righe un desiderio di riscatto che per la giovane protagonista si realizzerà anzitutto grazie alle fatiche dello studio. Il suo personaggio, così come emerge dalla strana corrispondenza senza mai risposta, risulta molto carino e ben riuscito; una voce narrante che, nonostante la grande fortuna avuta, non si perde in frivolezze e acquisisce semmai, forte del suo status di orfana, maggiore responsabilità, capace inoltre di profonde riflessioni come la seguente:
“Ciò che più conta nella vita non sono i grandi piaceri, ma bensì l’arte di ingrandire i piaceri piccoli. Ed io, papà, ho scoperto il vero segreto di essere felici, che è quello di vivere nel presente, e di non rimpiangere continuamente il passato né di anticipare l’avvenire, ma di strappare all’attimo tutto ciò che può darci. […] Gioirò di ogni secondo e durante quel secondo assaporerò la mia gioia. In generale, la gente non vive, ma galoppa nello sforzo di raggiungere una mèta che si profila lontano all’orizzonte; e nell’ardore della corsa è così affannata, così palpitante che perde di vista tutta la bellezza, tutta la pace del paese che attraversa.”(AMZ editrice, Milano, 1986; traduzione di G, Cavallotti)
Tra gli otto romanzi e i vari racconti pubblicati durante la sua giovane vita, questa è forse l’opera più famosa della Webster, che morì non ancora quarantenne dopo il parto. La vicenda di Judy Abbott è stata oggetto di fortunate trasposizioni teatrali e cinematografiche, anche di animazione.
Una lettura consigliata a chi, tra gli adulti, cerchi un classico per ragazzi e non abbia ancora perduto il desiderio di emozionarsi!
Romanzo, narrativa per ragazzi
AMZ Editrice
1986
124 p.,