A volte basta tanto poco
Di Geraldine Meyer
“Come è possibile vivere una vita vuota, una vita fatta di niente”? Confesso che la primissima reazione, mentre proseguivo la lettura di questo Tanto poco, di Marco Lodoli, è stata la memoria che tornava a queste parole. Una domanda che il protagonista del meraviglioso film Il segreto dei suoi occhi, pronuncia alla fine. Quando scopre che il marito della vittima ha rinchiuso per decenni l’assassino in una gabbia. Non rivolgendogli mai la parola, limitandosi a mettergli per terra un po’ di cibo. Poi ho però mi sono resa conto di come questa reazione fosse un pregiudizio, figlio di quella logica retributiva e economicistica che, spesso, diamo anche ai sentimenti. Una cosa però, in un certo senso, sembrava continuare a legare, almeno nella mia testa, quella scena e questa storia: una gabbia. Là reale, qui esistenziale. Eppure no, anche così non va bene. Chi lo dice che quarant’anni di amore devoto e silenzioso, mai dichiarato siano una gabbia. Come sarebbe stata la vita della protagonista di questo libro se non si fosse “annullata” in questo amore impossibile? E se fosse stato proprio quel tanto poco a darle un senso, un motivo, una traccia?
Una donna, una bidella, vivrà decenni di un amore implacabile (come molto bene viene definito nella bandella della copertina) per un professore che nemmeno si accorge della sua esistenza. Uno squilibrio messo in luce anche dal fatto che lei, nel libro, non ha un nome, lui sì. Matteo. E le uniche due volte in cui lei viene chiamata per nome, sarà proprio da lui ma con un nome sbagliato, Caterina.
La bidella, solo una bidella, una donna che qui sembra avere un posto nel mondo solo attraverso la sua funzione lavorativa, per contrasto a quella di un uomo che è un professore, che è uno scrittore, anche se scopriremo quanto sia fragile, dolente e scheggiato. Allora l’amore di questa donna diviene, forse folle, forse inconcepibile, una difesa dal mondo, una difesa per lui ma anche per sé stessa. Una difesa non richiesta da Matteo ma inevitabile per lei. Che non riesce a dirsi e a dirlo.
Anni, anni e anni di pura devozione, silenziosa e defilata, una rosa bianca in una realtà che si sfalda. Un amore tenace nella sua crudeltà, tutto nella testa della donna ma, proprio per questo, in grado di occuparne tutto il corpo. E l’esistenza. Assurdo? Sbagliato? Fuori norma? Son belli quei libri che risposte non ne danno. Ma solo domande, su domande. Un amore che è un mistero ma non nel senso che sia nascosto quanto, semmai, nel senso che, appunto, non si spiega, non si capisce. E chi lo dice che si debba capire tutto, che tutto debba avere una logica?
C’è una bellissima canzone di Billi Idol dal titolo Eyes without a face in cui un verso dice “ho speso così tanto tempo credendo alle bugie che tengono in vita un sogno”. Un sogno, tanto poco, per quella donna sono bastati una vita intera. Sono bastati al punto da non avere nemmeno più importanza capire se l’unica notte che trascorrono insieme sarà vera o sarà un altro sogno. In cui sarà Matteo a farsi trovare, seppure a brandelli, davanti a casa di lei. Perché quell’amore non lo ha protetto, non lo ha salvato. Ma quel tanto poco, forse, ha salvato lei
I coralli
Narrativa
Einaudi
2024
93 p., brossura