Di cosa parliamo quando parliamo di migrazioni
Di Geraldine Meyer
Forse uno degli argomenti più abusati e strumentalizzati da una certa politica. Stiamo parlando di migrazioni. Grimaldello per chi, per cultura, o meglio, mancanza di cultura, non è in grado non solo di riconoscere la complessità del fenomeno, ma nemmeno di vederne i caratteri secolari presenti nella storia del mondo. Questo Migrazioni moderne e contemporanee. Un approccio globale, a cura di Walter Montanari e Matteo Sanfilippo, è uno di quei contributi preziosi per spiegare qualcosa di connaturato alla storia, di inevitabile e, ancor più, vivo e vivificante. Qualunque ne sia la causa.
Parlare di approccio globale non è solo uno slogan editoriale ma, semmai, è lo sguardo più autentico e corretto per affrontare un argomento che costringe a una visione multidisciplinare e in totale antitesi a quella mentalità che, spesso, ne ha fatto una mera questione di “ordine pubblico”.
Molto puntualmente scrive Matteo Sanfilippo nella prefazione:”[…]era infatti venuto fuori come non si potessero più studiare le migrazioni, forzate o meno, quali un fenomeno apparso soltanto di recente. […] lo studio delle migrazioni non deve essere limitato ad un solo scenario geografico.”
Già basterebbero queste poche parole per inquadrare un argomento che richiede uno studio e una comprensione vasta, profonda e di lungo respiro. Non sorprenda che i saggi qui contenuti si concentrino (nella prima parte) sul Cinque, Sei e Settecento. La collocazione temporale ben precisa invece di essere un limite, una parzialità, diventano al contrario paradigma dell’opposto: cioè della “atemporalita” del fenomeno. Che richiede e impone la messa in luce di contesti storici, economici, urbanistici, religiosi, sociali e molto altro. Diventa chiaro dunque come non sia credibile ogni discorso che tenti di rinchiudere il fenomeno in una sola dimensione.
Vediamo insieme anche il semplice elenco di alcuni dei titoli dei saggi qui contenuti. Un elenco che, crediamo, aiuta a comprendere come questi case study (se possiamo chiamarli così) funzioni quasi da mappa per muoversi su un terreno ricco di spunti, riflessioni e ulteriori comprensioni. Allora partiamo:
Tracce di una comunità itinerante di pescatori sulla costa romana tra il 1587 e il 1627
Migrazioni e luoghi della mobilità nel caso delle famiglie sefardite processate a Pisa nel 1606
Chi gira le spalle a Milano, le gira al pane. Migrazioni e lavoro dalla città-atelier alla global city
Di sponda in sponda: Le balie toscane in Tunisia tra XIX e XX secolo.
Gli altri li scoprirete solo leggendo arrivando anche all’oggi. Ma solo per dare l’idea di quante e quali componenti entrino in gioco quando si vuole parlare di migrazioni, quando ci si vuole addentrare in una materia nel cui ambito si muovono cause e motivi non solo complessi ma così intrecciati e interdipendenti da non poter essere guardati da una sola angolazione. Si emigra per mille e una ragione, tra stati ma anche all’interno dello stesso stato e, addirittura, all’interno della stessa città. Come pensare che tutto ciò non viva di aspirazioni personali, di cambiamenti urbanistici, comunitari, identitari, di inclusione o chiusura?
Un libro questo di estremo interesse, rigore e serietà di ricerca. Ottima lettura non solo per specialisti o studiosi di immigrazione ma anche per chi si muove sull’onda della sana curiosità. Arricchito e impreziosito da una immensa bibliografia. Giusto per capire quanto si debba leggere e studiare per parlare di migrazioni
Saggio
Nuova cultura
2024
322 p., brossura