Ritratto di famiglia con divano
Di Geraldine Meyer
Leggere i libri di Pierre Jourde è sempre un’avventura. O un atto di fede. Nel senso che ti devi fidare. Non sai dove e come ti porterà ma ti ci porterà. Con la tua complicità di lettore, che diventi, inevitabilmente, “cocreatore” di quanto stai leggendo. È così anche per questo Il viaggio del divano letto. Che il titolo sia questo e non Il viaggio con il divano letto già dove far drizzare le antenne per sintonizzarci su qualcosa di sovversivo e a volte straniante. Ma così è, il divano, e altri oggetti, sono i protagonisti di queste pagine.
Quando la nonna di Pierre muore, sua madre, figlia della poco adorabile vecchietta, incarica lui, il fratello e la cognata di portare il divano dalla periferia parigina all’Alvernia, luogo mitico, quasi fondativo per la famiglia. Il libro, come sempre accade con Jourde è, tra le tante cose, un’elegia al potere della letteratura. Che scardina, mescola le carte, va avanti e indietro nel tempo, mescolando ricordi, sovrapponendo piani diversi.
Il viaggio diventa l’occasione per parlare di altri viaggi, di oggetti, di letteratura e di rapporti familiari. Nevrosi, manie, ma anche umane debolezze, inevitabili e incolmabili differenze, di speranze e aspettative. Un po’ in filigrana e un po’ esplicitamente, la madre di Jourde è la figura attorno a cui ruota tutto. La donna, non amata dalla madre, trasforma quel divano in un estremo atto d’amore. Incomprensibile, ingiustificato, a fondo perduto. Quell’oggetto e il desiderio della donna di averlo nella casa di famiglia sono il modo con cui lei sembra volersi risarcire da sola di un affetto negato. Sono il suo modo per “curare” la ferita dei non amati. Non per essere migliore ma, forse, per non dirsi, fino in fondo, il grande vuoto.
E attorno a tutto questo un viaggio nella Francia che non è solo un luogo geografico ma una mappa sovrapposta a quella di altri viaggi. Jourde, come suo solito, mescola ironia feroce, a volte crudeltà a inaspettate tenerezze, sarcasmo e profonda compassione. Il tutto sorretto da una scrittura sicura e aspra, tra dialoghi scoppiettanti, surreali cambi di direzione e disorientanti divagazioni. E gli oggetti, a cui lo scrittore sembra quasi conferire vita propria, dando loro la responsabilità di avere punteggiato e determinato alcuni momenti della sua vita. Quasi un gioco a rimpiattino in una caotica e per questo vitale commedia umana.
Un percorso alla fine del quale un po’ si sente il cuore che si crepa quando leggiamo cosa la madre di Jourde decide di fare del divano e dell’ultimo dei giorni del suo passaggio terreno. Grazie sempre a Prehistorica Editore che ha portato in italia questo scrittore.
Ombre Lunghe
Letteratura
Prehistorica Editore
2024
238 p., brossura