Marcello Chinca ha svolto la professione di avvocato per venti anni sino al suo ritiro nel 2007. Svolge ora l'attività di critico letterario e d'arte. Scrittore

Crepe nel muro

Di Marcello Chinca

Si direbbe che nel declino dell’evidenza della verità, l’opinione pubblica si faccia sublimare da tutt’altro che dai distinguo di vero o falso. Che sarebbe poi una constatazione di comune sentire, coerente con le analisi di quasi tutti i più seri ed apprensivi editoriali.

Si sogna però volentieri, svegliandosi con la sensazione, già registrata nella fase onirica, che l’intero impianto illusorio recasse come incrinature e crepature evidenti tra le sue mura sin dall’inizio.

Eppure sognare rimane sempre percorrere il sentiero del massimo sforzo creativo col quale si cerca in ogni modo di far nostro il sospirato Favor Dei che il sogno ci fa solo intravvedere, ossia il riconoscimento, la consacrazione della nostra natura peculiare, non aliena nella massa compatta degli altri consimili..

Solo in tale convinzione l’Io ricomposto s’aggira senza badare agli scriccolii, al flettere mai interrotto dell’intero edificio.

L’intima fragilità non è stata mai in realtà espugnata, solo forse dall’illusione della propria onnipotenza si riesce a vedere il bicchiere mezzo pieno che è ancora pretesa dell’obiettivo del completamento, altrimenti si sta fuori dal Timor Dei che è arrrecato nella carenza esistenziale dell’identificazione.

C’è insomma di sicuro Libero Arbitrio con cui questo si muove nelle tematiche del sogno, un segnale che non lascia dubbi sulla preminenza di una Volontà vigile ad ogni mossa. Nello stesso tempo si deve prender atto che il procedere onirico vibra da sé una scansione propria dei fatti autonoma che è solo correlata con l’Io sognante dalla comune coesistenza nella stessa casa, comuni scenografie, comuni ambienti interni ed esterni.

Perciò il disorientamento passa per uno stato di trance, fissati da una sorte di contemplazione: l’andamento del sogno, i suoi strani cambiamenti, le repentine svolte narrative. Perché è materia trattata da più mani, scolpita da avverse intenzionalità, materia cui la figurazione non è che interdizione all’accoglimento univoco delle forme, salvo la parvenza che rimane sinistra di opacità, perché filtrata da un solo suggeritore che è l’Io vigile dopotutto..

Assai più della sua facoltà d’invenzione, la Mente insegue gli avvenimenti, partecipa a suo modo alla generale cospirazione che si respira, fingendosi neutrale ne ascolta gli avvertimenti, le sillabazioni ignote, anela ad un risultato tangibile di cui non sa nulla, esplora, aspira, aspira sopratutto, l’uomo in realtà aspira anche quando sogna, e se aspira aspira presumibilmente alla sua conciliazione, l’istantanea epopea di una collettività conciliata nel coesistere, consacrazione dell’Io che è sempre l’altro, l’immutabilità di questa coesione che è ricongiunzione tra anime disparate consustanziali dentro lo stesso Preconscio individuale, nonostante congetture e sospetti, incrinature.

Nella vita diurna rimane la forza e tutto il fascino della Fedeltà tra due anonimi che dicano di amarsi. Da vincolo illiberale sino a qualche decennio fa, la Fedeltà presuppone oggi che si abbia davanti un essere vivo paritario, da riscontrare de visu in ogni sua accezione, al contrario del sogno procedere qui dentro una mappatura più precisa, con cifrature più praticabili, bussole che tengano in conto tutte le variazioni magnetiche a seconda della latitudine.

Fedeltà che nell’attuale fase storica non si rinnega l’imperativo con cui si chiede e pretende il progetto di vita comune. Fedeltà che è adesione all’altro se soprattutto sarà rigettato il livellamento suggerito per cui ogni Ente è fungibile all’altro, senza ulteriori distinguo che non dipendano dal Glamour stereotipe,  dal modello insuperato solo dall’abito firmato e svaiate carte di credito.

La Fedeltà allora si annuncia qui come aperta diserzione all’ordine della propria irrilevanza che il Sistema tenderebbe per sua natura fondante da sempre ad agevolare, Amarsi che sarà sempre irrazionale e quindi non compomissibile,  Autenticità che è il suo scostarsi dalla massa per additare il solo favorito, l’unico il cui apparire è sempre il fluire della somiglianza con chi guarda, congeniale scoccare dell’ora attesa, atteso patto dell’Alleanza.

Tutto sta nell’intendersi davvero, intendersi che è anche riconoscimento reciproco dei limiti di inevitabile anacronismo, di estraniamento. Nel riconoscimento mai placato di questa distanza, si mitigano le zone oscure delle riflessioni, la sensazione di essere risucchiati nell’usuale mortificazione dell’Io forse così s’attenua.

Solo col riconoscersi questi vincoli impeditivi, estraneità, disincanto, depressione e nevrosi, questo senso intimo delle proporzioni sarà anche un vigilare sulla consapevolezza del valore di un completo stare assieme.

Solo se si avrà accolto l’altro nella conciliazione, la Fedeltà suggellerebbe allora sì il senso di un procedere assieme lungo un sentiero comune, sentiero che per ciascuno riassume l’essere sulla via della guarigione dell’Io, quell’Io da ritrovare con l’altro,  fuori da ogni inventario umanistico.    

In copertina Il sogno e l’inconscio, di Giulia Cutrera, Syndiicat. Immagine presa da echoraffiche.com