Corpo sacro, corpo violato
Di Geraldine Meyer
Jo Gustin, scrittrice francese di origini camerunensi è tradotta e pubblicata per la prima volta in Italia. Tra le mani dei lettori questo 9 storie luminose in cui il bene è il male. Nove racconti molto ben tradotti da Luca Bondioli e mandati in libreria dalla sempre coragiosa e attenta Il ramo e la foglia edizioni.
I racconti, si sa, possono essere materia incandescente e rischiosa se non maneggiati con sapienza. Ma la Gustin di sapienza, in tal senso, ne ha. Fose anche aiutata dal suo mestiere di umorista in quella forma conosciuta come stand-up. Serve ritmo, uso preciso del tempo e delle cadenze narrative. In questi racconti tutto ciò c’è, e la lettura ne trae conseguenze potenti.

Si può dire che il filo rosso di questi racconti sia il corpo, in diverse declinazioni: il corpo violentato, il corpo martoriato e ucciso, il corpo negato (anche quello degli animali), il corpo maledetto, il corpo suicidato.. È abbastanza paradossale che, in una società e in un’epoca come la nostra, materialista per eccellenza, la materia più importante (il corpo) sia così misconosciuto, sottovalutato oppure apparentemente esaltato attraverso una ridicola lotta contro l’invecchiamento e il limite. Eppure siamo corpo, forse siamo una storia fatta corpo, una storia incarnata.
E in questo libro di corpo (e di corpi) ce n’è tantissimo. Quello violentato di Marie-Lise bambina, quello che porta morte per poi morire del bambino soldato dal nome incredibile di Innocent. Quello maledetto fino alla fine del bambino-stregone. E tutti gli altri di cui non vogliamo togliervi la sorpresa.
C’è talmente tanto corpo che persino le reazioni alla lettura di queste storie sono corporali: veri e propri pugni nello stomaco, crampi e ferite. Il sottotitolo è, forse volutamente o forse no, ambiguo. Ma serve proprio per disorientare e poi dare una chiave di lettura precisa. Perché, sia chiaro, il bene è bene e il male è male. Poi magari qualcuno può confonderne e mescolarne la percezione, può raccontare e raccontarsi l’uno come fosse l’altro. Ma il male è male e tale resta. E di male qui ne troviamo tanto, raccontato con uno stile e un linguaggio che, in molti punti, non ha nemmeno bisogno di entrare nei dettagli per essere esplicito. Basti, come esempio il racconto che apre il libro con la violenza sessuale subita da una bambina ad opera di un prete. Poche parole, tutto molto veloce, solo un accenno. Ma si sente tutto il dolore, la ripugnanza per quel gesto, la violenza.
Ciò che colpisce, e che colpisce letteralmente e fisicamente, è proprio la sobrietà e la pulizia linguistica della Gustin che riesce a rendere la “banalità del male” ma non nel senso che sia il male ad essere banale ma, semmai, il modo con cui lo si compie quando l’altro e gli altri sono “cosificati”. Ed è la stessa sensazione che si prova anche leggendo un racconto, apparentemente più leggero, di un corpo amato che svanisce perché si trattava solo di un sogno. A uccidere, letteralmente o metaforicamente, un corpo è sempre una cultura che diventa gesto, un pregiudizio, una paura o una vergogna.
Una lettura davvero sorprendente e, ahimè, dolorosissima
Racconti
Racconti
Il ramo e la foglia edizioni
2025
92 p., brossura