Il Tempo vola
Di Marcello Chinca
Il Tempo vola, come intuisce sinteticamente ogni donna. La quota di esistenza ancora disponibile non offre all’età adulta che il sospetto dell’assoluta incongruenza della propria istanza d’esaudimento che sarebbe stato d’altronde quel poco immodesto che l’Individuo si sarebbe aspettato.
Tragicamente da ciò s’inscenano però reazioni a catena: dal propellente acceso della Coscienza della propria vacuità assodata, questo Vacuo da individuale s’espande come macchia d’olio universale quale Latitanza collettiva d’ogni tensione ideale.
Si finisce dapprima per soccombere ad una sorte di rassegnazione allo Status Quo delle cose e degli uomini, non si nutre più fiducia né nella Politica né nella Religione, per poi trascinarsi in balia di ciò che è visto come un cieco infuriare della Storia cui non si può nemmeno opporre alcun minimo correttivo, né alcuna ragionevole chiarificazione.
Una simile posizione esistenziale corre sempre il rischio di destabilizzarsi, ma anche di scivolare verso un adeguamento all’assoluta Aberrazione e ciò per puro spirito di sopravvivenza, denegandosi per strada persino ogni previggente legge morale. Complessione che sarà ovvio Auto-accecamento per cui è falsa o interessata qualsiasi rappresentazione critica che non sia in linea coi tempi, per quanto questi tempi richiedano di nefando.
Si è dimenticato che come individuo vegeto si è stati comunque parte del Sistema e che fu la propria accondiscendenza a rinsaldare il senso epidemico di straniamento ai fatti della Polis, acuendo così paure e paranoie per un Domani avvertito sempre più minaccioso.
Il Fascismo ed il Nazismo erano a ben vedere prontuari omeopatici somministrati a masse di malati di persecuzione, laddove quel senso di persecuzione era stato previamente inoculato, per diffonderne al massimo la contagiosità.
Qualora detta sindrome dovesse ripetersi rinnoverebbe anche oggi quegli stessi scenari da incubo, scenari che abbisognano tuttavia dello stesso vantato riaffermarsi di Legittimismo territoriale e Discrimine razzistico, assieme al pungolo del soffiare sul fuoco della Paranoia e del Nemico alla porte, solo così riuscendo a suscitare l’antidoto del latente sadismo che è da sempre il derivato corollario di straniamento e disperazione.
Da qui alla caccia al Nemico, all’abominio del Capro espiatorio, il passo è breve, quasi meccanico.
Scenario da cui s’evidenzia in modo inconfutabile anche altro: che l’individuo non è altro che Risultante provocata da un dato assetto socio-economico in un preciso contesto storico, che cioè il Singolo è sempre inautentico nella propria facoltà di pensiero, e se lo stesso è invariabilmente solo questo riflesso dei rapporti di proprietà, se è vero che tutto, dai rapporti economici a quelli familiari ed affettivi, ne risulta prima o poi contagiato, è facile arguirne quei margini di manovrabilità ad opera dei detentori del Potere, oggi come ieri.
Dietro l’abominio prevale da sempre l’Auto-Nascondimento, si sta dalla parte dello Status Quo anche se mutato in Tirannia, uno schierarsi che è pur sempre una via spuria d’identificazione, un rinsaldare le fila dei propri consimili in marcia.
Se si sarà rilevato però Post Factum solo un esteso pretesto da idioti, ma soprattutto fonte apicale di quella Perfidia con cui potrebbero benissimo ripetersi efferati crimini contro l’Umanità, non importa, se questo sarà servito a scacciare la Paura, se sarà servito a nascondere la verità sulla preminenza intangibile di uno Stato di Servaggio cui solo subdolamente si persisterà a credere come unico modello collettivo ipotizzabile per un calcolo mal-posto di convenienza. Ma tant’è la credulità popolare da affidarsi anche all’Orco o al Lupo delle favole, pur di sentirsi protetto persino dal più Abietto degli uomini.
L’immagine di copertina è La persistenza della memoria, di Salvador Dalì. Foto presa da focus.it