L’infanzia spezzata
Di Giovanna Dal Bon
Sguardi di bambini sopravvissuti tra le macerie. Sguardi fermi, muti, colmi di atrocità. Sguardi senza stupore, privati per sempre d’infanzia e di futuro. Sguardi di chi non ha più niente da perdere.
Con i raid degli ultimi giorni sono stati uccisi oltre mille civili. Tra cui la metà sono bambini. Quando uscirà questo articolo il numero sarà destinato ad aumentare; senza contare le vittime che è impossibile estrarre dalle macerie. Nei giorni scorsi l’idf ha fatto irruzione via terra per continuare da vicino la mattanza. Interruzione brutale di una finta tregua che tutti sapevano essere solo temporanea e pretestuosa, mentre in Cisgiordania i coloni con l’appoggio dell’esercito non hanno mai smesso di rubare terre, espropriare case, assaltare, perseguitare uccidere chi abita quella terra da centinaia di anni, chi in frugale semplicità tramanda la parola degli antenati con forza di trasmissione orale.
Una popolazione di pastori, raccoglitori d’olive, hanno mani laboriose e come unica colpa il legittimo senso di appartenenza alla propria terra; minacciata, vilipesa ininterrottamente da oltre settant’anni dall’avida arroganza di chi ha deciso di prendere, occupare sempre e solo con impunita brutalità criminale. In terra di Palestina vengono perpetuati crimini innominabili. Torture aberranti anche nelle carceri in cui sono ammassati illegalmente migliaia di corpi indifesi, anche di ragazzini di 12 anni, rinchiusi per aver lanciato sassi a soldati armati fino ai denti; “arresti preventivi” è la formula utilizzata per privare della libertà esseri umani innocenti. Con l’accezione di “terroristi” si liquidano anche le uniche forze di resistenza ad una barbarie che viene perpetuata nell’indifferenza generale da quasi un secolo. A ricordarci che il 7 ottobre per i palestinesi è ogni giorno che Dio manda in terra. La discesa agli inferi di questo popolo resistente fino all’impossibile è quotidiana; il calvario consuetudine.
Nei video a cui tutti abbiamo accesso in questo tempo senza pietà, gli sguardi diretti dei bambini bucano lo schermo, interpellano, dovrebbero smuovere coscienze intorpidite, cuori duri come pietre.
Bambini che emergono dalle macerie, dalle fognature a cielo aperto, scalzi e vestiti di stracci.
I sopravvissuti patiscono la fame, la sete, vivono in carestia, si ammalano di infezioni e mancano gli ospedali; i medici sono costretti a amputare arti senza anestesia. I pochi medici rimasti, quelli che non sono stati prelevati o trucidati sul luogo di lavoro.
Orrore su orrore che l’occidente dissimula nell’ipocrisia. I mass media e i governi occidentali narrano di conflitto israelo-palestinese, guerra, operazione mirata, diritto di Israele di difendersi… e tutto risuona falso, artefatto, complice di un lucido misfatto. Rientra in quel concetto aberrante di banalizzazione e occultamento del male che risuona nelle coscienze dal secolo scorso senza aver insegnato nulla. Una storia che si ripete con implacabile crudeltà.
Forse anche a noi la storia chiederà di rendere conto mentre un genocidio accadeva sotto i nostri occhi, e questa volta non si potrà certo rispondere che non si sapeva. Bisognerà rendere conto di tutto questo orrore.
Gabor Matè, fisiatra e scrittore canadese naturalizzato ungherese, parlando di sè stesso bambino ebreo sopravvissuto all’olocausto erompe “how is my heart not to be broken every day? come faccio a non identificarmi con i bambini di Gaza? in braccio a mia madre avevo quello stesso sguardo ferito a morte, guardavo dritto dentro l’eternità”.
Lo sguardo di questi bimbi è abissale, contiene il peso del mondo. Bambini scossi nel profondo da un trauma che niente e nessuno sarà mai in grado di sanare.
Tanti tra loro orfani all’improvviso, costretti a diventare adulti tutto d’ un colpo. Bambini a cui l’infanzia è per sempre negata, che non hanno più nulla da perdere.
La persecuzione del popolo palestinese viene da lontano, ha radici centenarie.
Dalla fine dell’800 il progetto sionista ha scavato inarrestabile il suo solco. Un progetto molto chiaro e definito ab origine: suprematista- messianico-ultra nazionalista- razzista- intriso di violenza.
La legittimazione ad occupare, usurpare terre altrui, si è concretizzata nel maggio del 1948, con la costituzione di un etnostato ebraico in Palestina. Molti intellettuali ebrei ne avevano segnalato il pericolo, tra questi Albert Einstein che in una lettera accorata datata dicembre 1948 al New York Times e firmata da molti intellettuali ebrei esprime preoccupazione per la visita del politico ultra sionista Menachem Begin negli Stati Uniti, segnalando che il partito Herut che si legge anticipatore del Likud di estrema destra, stava promuovendo “una commistione di ultranazionalismo, misticismo religioso, superiorità razziale”.
Era chiaro a tutti che Begin faceva parte del gruppo terrorista Irgun che congiuntamente alla banda Stern aveva trucidato centinaia di palestinesi nel “massacro di Deir Yassin” dell’aprile 1948.
La lettera dice testualmente: “è inconcepibile che coloro che si oppongono al nazifascismo in tutto il mondo, una volta informati sulla situazione politica di Mr Begin, possano aggiungere i loro nomi per sostenere il movimento che egli rappresenta”. Menachem Begin divenne Primo Ministro dell’appena fondato etnostato di Israele. Il fisico Einstein e molti intellettuali ebrei, tra cui il poeta Edmond Jabès, erano fermamente convinti che l’occupazione della Palestina fosse un atto antitetico alla natura del giudaismo. Immediatamente dopo la fondazione di Israele nel 1948, 700.000 palestinesi furono privati delle loro case e costretti con la violenza ad un esodo forzato; nel mondo arabo questa deportazione viene ricordata con il nome di Nakba, che significa Catastrofe, ed era solo l’inizio.
L’immagine di copertina è presa da terrasanta.net