Chitarre come lame nelle notti buie di New York City. Uno dei pochissimi dischi d’esordio irrinunciabili. I Television di Tom (Miller) Verlaine, come il poeta maledetto francese. 8 grandi brani per 45 minuti e 54 secondi di grandissima musica. Uno dei miei 10 dischi preferiti di sempre nel rock. Tom Verlaine (voce e chitarra), Richard Lloyd (chitarra e voce), Fred Smith (basso e voce) e Billy Ficca (batteria). Verlaine cura pure le tastiere e, nell’ordine degli assoli devastanti del disco, è quello che chiude sempre la partita nel senso che, se nel brano ci sono due assoli, il suo è il secondo, se ce ne sono tre, il suo è il terzo. “See no evil” è il brano di apertura ed ha un suono di chitarra secco in uno schema compositivo “circolare” che si ripete in continuazione e costituisce il midollo del pezzo. La voce del leader è nasale ma acuta. Tutto l’album è un flusso sonoro che sgorga dalla sua chitarra. Miscela irraggiungibile di folk,punk, psichedelica, rock. L’album si avvale pure della foto di Robert Mapplethorpe in copertina (uno degli artisti-amanti della poetessa rock Patti Smith, altra icona di NYC ed amica di Verlaine). E’ un’attitudine al sogno, alla visione quella che caratterizza l’intero disco. La stupenda ” Venus” ne è esempio eclatante; qualcuno l’ha definita arte allucinatoria. Probabile. Ma la voce ed il suono assolutamente cristallino rende questo uno dei brani più riusciti e più alti tra quelli partoriti dalla new wave di New York e non solo. Il trittico iniziale di brani, stordente, caustico che ti gratta via l’anima, si completa con “Friction”, che si incolla alla spina dorsale e non ti molla più. C’è cuore, c’è anima, c’è cervello, c’è tutto in questa musica! Questo è il pezzo probabilmente più duro del disco e lo è in virtù di un suono delle due chitarre assolutamente leggendario. Schegge di vetri ed elettricità ai massimi livelli: si resiste poco prima di abbandonarsi alla spirale sonora. Urlano le chitarre la loro disperazione più nera in una metropoli che non perdona nulla. Epocale. “Marquee Moon”, la title track, si apre con le parole di Verlaine “I remember how the darkness doubled” (Ricordo come l’oscurità si raddoppiò). Un dialogo magnifico, disteso tra le due chitarre ed il basso di Fred Smith. Quasi doorsiana nel riff, con la chitarra al posto dell’organo che, nelle mani della band di Morrison, era appannaggio del funambolico Ray Manzarek, ha un cantato che va come un rasoio a lacerare la nostra anima. Malinconia vergata verso la disperazione. Lloyd solo dopo il 2° coro e Verlaine solo dopo il terzo per la precisione, ma poco cambia. Pura magia chitarristica. Mai le chitarre avevano suonato così, Hendrix a parte, prima di questo capolavoro finissimo. L’assieme ha un impatto devastante, onirico, ipnotico, acido a gocce. Pazzesca. “Elevation” è una delle mie tre preferite del disco: ti lascia a bocca aperta per bellezza e per lirismo. Ha un arpeggio di chitarra cristallino ed una voce che non si scorda più. Lamento spettrale, melodia altissima con un “tiro” ascensionale ed un cantato davvero inimitabile. Il suono della chitarra commuove, si espande, è il suono della notte nella Grande Mela. “Guiding light ” è romantica, una ballata morbida d’altri tempi. Tom canta alla grande, andandosi a cercare spazi laterali incredibili. Al primo impatto sembra un episodio più normale, ma ha una dolcezza disarmante. “Prove it” è costruita sul crescendo incontenibile delle chitarre con una serie di ricami seppure di spigoli inusitati, appuntiti che fanno male. Andamento altalenante, ritmo pazzesco, rivisitazione quasi folk, ma a modo loro! La tensione del disco ha il suo diapason con la conclusiva “Torn Curtain” assai vicina alla decadenza in musica. Aleggia come uno spirito inquieto, ti strappa il cuore dal petto (Verlaine fa “piangere” la sua chitarra!) e te lo mette nelle mani. Liricità quasi insopportabile nella voce e nei suoni ma soprattutto, nella chitarra di Verlaine, livelli davvero alti di poesia autentica. Brano leggendario scolpito nel marmo della memoria. Qualcuno ha definito il movimento della song “catatonico”, mosso solo dalle rullate della batteria. Può starci. Ma qui, silenzio assoluto ed ascoltare a bocca aperta, specie l’assolo finale di Tom, leggendario. “MARQUEE MOON” E’ LA PIETRA MILIARE DI UN GENERE SENZA CODICI. Nessuno come loro prima, nessuno come loro dopo. Opere come questa non solo non si suonano ma non si creano più. Questa, alla fine, è la vera grande povertà di un’epoca di fantocci connessi al computer. “I REMEMBER HOW THE DARKNESS DOUBLED”.
Rock
1977