Opicino de Canistris (1296-1352), spirito girovago e visionario alla corte di Avignone
Di Laura Vargiu
Opicino! Chi era costui?
Sentendo o leggendo per la prima volta questo nome, potrebbe quasi venire spontaneo interrogarsi alla famosa maniera del don Abbondio di manzoniana memoria. Quella di Opicino de Canistris, la cui vicenda si perde negli assai lontani accadimenti del Medioevo, non è del resto una figura tra le più famose dell’epoca in questione né risulta che abbia mai trovato spazio adeguato nei libri di storia o di letteratura. In verità, la sua stessa identità è rimasta celata per secoli sotto l’oscura etichetta di “Anonimo Ticinese”, di cui si conosceva ben poco. Soltanto a partire dagli inizi del Novecento il nome di Opicino inizia a farsi strada tra gli studiosi, anzitutto con la scoperta di un trattato intitolato De praeminentia spiritualis imperii (Sulla supremazia del potere spirituale) e finalmente, nel 1927, con quella del codice Palatinus Latinus 1993, composto da ventisette pergamene di grandi dimensioni, a cui seguirà nel ’44 l’identificazione del codice Vaticanus Latinus 6435, composto da ottantasette fogli in carta; questi ultimi, custoditi nella Biblioteca Apostolica Vaticana, costituiscono un prezioso materiale ricchissimo di disegni e scritture spesso di difficile comprensione.
Gli studiosi Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri e Roberto Limonta, entrambi specialisti del Medioevo, tratteggiano un ritratto accurato e appassionato di Opicino de Canistris in questo bellissimo volume pubblicato nel 2016 dalla casa editrice milanese Archinto. Volando sul mondo è un titolo suggestivo e curioso che invita a scoprire questo personaggio ai più ancora sconosciuto, di cui è possibile trovare traccia anzitutto a Lomello, Pavia e Avignone, luoghi ai quali la sua esistenza è rimasta indissolubilmente legata.
Disegnatore e cartografo visionario, ma anche – a suo modo – teologo e filosofo, Opicino nacque nel cuore del territorio della Lomellina (in provincia di Pavia) alla fine dell’anno del Signore 1296.
“Sono stato concepito nell’iniquità, in un matrimonio legittimo. Nasco nel peccato il 24 dicembre, a Lomello.”
Fu egli stesso a raccontarsi in un’autobiografia trascritta in un disegno a forma di canestro, corredato di glosse e una struttura geometrica alquanto complessa (in sostanza, un grande calligramma), all’interno del foglio 11r facente parte del codice Palatinus Latinus 1993; il secondo capitolo del libro riporta la traduzione di tale autobiografia per figuram, la cui ultima annotazione è datata 1336, quando il processo intentato contro Opicino, per motivi non del tutto chiari, si concluse con l’assoluzione.
Dal canestro autobiografico, senza dubbio tra le opere più originali e affascinanti che lui ci abbia lasciato, emergono diverse notizie utili che ci permettono di inquadrare, storicamente e non solo, il suo autore. Dall’infanzia sino all’età matura, Opicino ebbe un’esistenza tutt’altro che agiata e tranquilla che lo vide spostarsi, “passando – come lui stesso annota – di avversità in avversità”, spesso per poter sbarcare il lunario. La sua era una famiglia modesta che, tuttavia, proprio al fine di dargli la possibilità di ottenere un lavoro ben retribuito, lo mandò a lezione presso quelle scuole presenti nei centri minori dove era possibile ricevere un’istruzione basata sui principi fondamentali di grammatica, logica, retorica, aritmetica e persino musica. Tutto ciò s’inquadra in un’epoca di grande fermento culturale nell’ambito della nuova dimensione rappresentata dalla città medievale europea. La Lombardia tra Due e Trecento figurava tra le regioni più urbanizzate del vecchio continente; la stessa Pavia, che Opicino considerò e amò sempre come vera patria, con i suoi circa quindicimila abitanti era la metà di Londra, mentre la vicina Milano gareggiava con Parigi per numero di residenti.
I due autori raccontano in modo chiaro ed esaustivo l’epoca che fece da sfondo alla storia personale di Opicino, analizzandola, fin nelle sue dispute teologiche, senza mai annoiare il lettore che può così trovare tra queste pagine un’esposizione molto coinvolgente mentre segue la ricostruzione delle varie tappe della vita del chierico che nel 1320 divenne sacerdote e celebrò la prima messa; egli aveva già lavorato, nel corso dei tribolati anni precedenti, come precettore e miniatore di testi teologici e svolto per necessità anche altri umili mestieri trasferendosi da un posto all’altro (Lomello, Pavia, Biella, Genova, giusto per citarne alcuni) finché nel 1329 approdò alla corte papale di Avignone “in condizioni di grande povertà”, dove venne poi impiegato come scrivano presso la Penitenzieria Apostolica. Non lo tormentarono soltanto “le angustie della povertà”, ma pure seri problemi di salute di cui diede notizia nella sopraccitata autobiografia. Se della sua produzione letteraria non tutto è giunto a noi, di quella artistica da disegnatore e cartografo – come anticipato – tanto si è conservato, permettendoci di identificare una tipologia di mappa piuttosto frequente nell’opera di Opicino: la carta antropomorfa. Il foglio 53v del Vaticanus Latinus 6435, per esempio, raffigura l’Europa e l’Africa con fattezze di donna e chierico barbuto, più un mostro tipico della Francia meridionale (la Tarasque), che morde la prima, e il demone Mediterraneo, rappresentato solo in parte. Immagini, diagrammi e termini, nonché associazioni personali dell’autore si intrecciano, in questo foglio come in tutta l’opera di Opicino, acquisendo un altissimo valore simbolico di non sempre facile interpretazione, tant’è che diversi studiosi vi hanno individuato i segni di una personalità clinicamente disturbata in preda al delirio.
Senza entrare nel merito di tali conclusioni, i suoi disegni rappresentano qualcosa di unico e prezioso attraverso cui vengono espresse visioni che rendono le parole, già di per sé enigmatiche, solo accessorie.
“La visione del mondo antico e medievale è un modo di apprendimento e di comunicazione, un linguaggio autonomo privo di grammatica e di strutture argomentative e tuttavia autorevole. Soprattutto, la visione non è un soliloquio. […] Uomo di cultura modesta e disordinata, Opicino non è ai suoi tempi il solo a scegliere di esprimersi attraverso la visione, anche se certamente, fra quanti conosciamo, è il più radicale e diretto. […]”
Opicino “pensa per immagini e disegna simboli, non fatti”: la sua genialità sta semplicemente in questo, nel solco di una tradizione mistica risalente a Ildegarda di Bingen (1098-1179). Nelle sue carte il mondo si trasfigura, dando vita a infiniti mondi di grande suggestione e a opere di assoluto pregio dove micro e macrocosmo si rincorrono in modo incessante.
Volando sul mondo si rivela, dunque, un’ottima pubblicazione di agile lettura, molto ben curata e ricca di immagini, che contribuisce a far luce su una personalità senza dubbio meritevole di attenzione e ampio approfondimento, seppur non di primo piano nel periodo in cui visse.
Nella natìa Lomello a Opicino de Canistris è stata doverosamente intitolata la biblioteca comunale, mentre la toponomastica stradale gli rende omaggio sia a Lomello che nel capoluogo Pavia.
Storia
Archinto
2016
120 p.,