Da vicino nessuno è normale
Di Geraldine Meyer
Rachel Aviv, scrittrice e giornalista del New Yorker, aveva solo sei anni quando fu ricoverata con una diagnosi di anoressia. Una bambina ricoverata con una diagnosi terribile. Dopo qualche settimana, e non per le cure a cui fu sottoposta, Rachel ricomincia a mangiare regolarmente. Storia a lieto fine, storia diversa da quella delle altre ragazze, già adolescenti, per le quali l’anoressia divenne quasi un abito.
Questo libro, Stranieri a noi stessi, non solo dal punto di vista editoriale, comincia da qui. Aviv, dopo anni di studio, ricerche e interviste, ricostruisce e ci consegna le storie di cinque vite, tutte accomunate dall’avere avuto una diagnosi psichiatrica. E ci testimonia, con rigore, quanti e quali siano i limiti che tutt’ora abbiamo rispetto alla conoscenza della mente umana.
Cinque storie di uomini e donne ma anche un percorso dentro la psichiatria e i suoi approcci. Un grande biblista. Luigi Santopaolo, ricorda sempre come leggere il testo biblico senza un contesto sia un pretesto. Ciò che può sembrare un gioco di parole è, in realtà, qualcosa che si può trasporre anche rispetto al disagio mentale. Quanto costruire comunque a priori un quadro clinico, senza considerare cosa c’è attorno a chi ne soffre, influisce sul percorso e sulla diagnosi stessa? Quanto una diagnosi diventa, spesso, non solo una lettera scarlatta ma parte integrante della stessa “malattia”? In altre parole, quanto la mancanza di un autentico spazio per raccontarsi diventa terreno fertile per la gabbia con cui gli altri ci raccontano?
Disagio economico, stigma razziale, cultura familiare e geografica sono tutti elementi che entrano, pesantemente, in gioco non solo nell’insorgere del disagio ma anche, e forse soprattutto, nella sua definizione e nell’approccio di cura o presunta tale. In tal senso forse il racconto più esemplificativo di ciò è quello di Bupa, donna indiana venerata come santa negli ashram dell’India ma considerata bisognosa di cure per la sua famiglia. Se la sua ricerca spirituale non fosse stata ostacolata quale sarebbe stato il percorso di quella donna? E quale quello di Naomi incarcerata dopo un episodio psicotico come se un evento tale fosse cosa più da crimine che da ascolto?
Stranieri a noi stessi è un libro delicato e scottante, come delicate e scottanti sono le vite delle persone. Realtà sempre molto più complesse di quanto possiamo sapere e comprendere. Non è una accusa alla psichiatria ma un tentativo di metterne in luce le ombre e le mancanze, a volte le affrettate trascuratezze e il ricorso discutibile, talvolta, agli psicofarmaci. Che, è bene ricordarlo, magari curano qualcosa avendo però, come effetto collaterale, un altro disagio che a sua volta viene rinchiuso in una diagnosi e “curato” con altri psicofarmaci.
Un libro che suscita domande e interrogativi individuali ma anche a noi come comunità umana. E che ricordano una frase della famosa serie tv Gray’s Anathomy: “Non chiederti perché la gente impazzisce. Chiediti perché non impazzisce. Davanti a tutto ciò che, in un solo momento, potresti perdere, cosa ti fa rimanere in te”?
I Corvi
Saggistica
Iperborea
2023
285 p., brossura