Marco Candida è autore di 17 romanzi e due raccolte di racconti. Il suo esordio è del 2007 con La mania per l'alfabeto, Sironi Editore. Nel 2010 è stato incluso nell'antologia americana Best European Fiction. Suoi racconti sono apparsi su importanti riviste americane e alcuni suoi scritti sono stati oggetto di tesi e corsi universitari. Per ulteriori informazioni consultare il suo profilo facebook

Il foglio bianco

di Marco Augusto Candida

Nasciamo e la realtà è attorno a noi. Forse non ci riflettiamo, ma in fondo è una piccola fortuna toccataci in sorte. Attorno abbiamo realtà. L’abbiamo già. Abbiamo materia. Consistente. Abbiamo cose. Possiamo prenderle, queste cose, e usarle. Possiamo maneggiarle. Possiamo combinarle e ottenere cose differenti. Si pensi invece se si fosse nati in mezzo al nulla. Nel vuoto. E fosse toccato a noi creare la realtà. Noi leggiamo “Fiat Lux” e oggi come oggi sorridiamo come avessimo appena sentito la più splendida delle favole. Sarebbe facile avere la bacchetta magica e far comparire le cose dal nulla…, sospiriamo. Ma quel primigenio atto divino è così scontato? Davvero è scontato un “Motore Immobile” che proferisca “Fiat Lux”? Da dove ha preso, il Divino Motore, quell’idea? Quell’immagine? E anche avendo la bacchetta magica si porrebbe il problema di cosa far magicamente comparire. Creare dal nulla è impossibile. E’ appunto affare divino. Non umano. Quando “creiamo”, noi umani, “creiamo” utilizzando il “già noto”; ma se non esiste nulla, il “già noto” noi umani da dove lo ricaviamo? Infatti, il dio creatore, per taluni, contiene ogni cosa: è infinità di spazio, tempo, materia. Ecco, da dove trae, il dio creatore, l’idea del “Fiat Lux”.

Il foglio bianco è l’angoscia di chiunque debba quel foglio riempirlo di parole. C’è sempre un istante prima di mettersi a scrivere in cui siamo presi da angoscia. Che cosa scrivo? Da dove parto? Anche quando si hanno le idee più chiare quell’istante di angoscia si fa avanti. In quell’istante osserviamo il biancore del foglio e un abisso si spalanca nella nostra mente. L’abisso del Nulla. Non ho nulla da dire. Non c’è nulla da dire. Forse quell’istante è un istante di Verità Assoluta. C’è solo l’incontro di un abisso e di un foglio bianco. Si allineano e si ricolmano uno con l’altro. In quell’istante abisso e biancore si rispecchiano. In quell’istante abbiamo un istante di Nulla Assoluto e di Assoluta Verità. Si tratta solo di un momento brevissimo. Fugge via subito. Non è catturabile. Non è descrivibile. Non in termini soddisfacenti. Ma c’è. A livello epidermico lo avvertiamo. Non ho nulla da dire. Non c’è nulla da dire. Là fuori c’è una realtà: ma quella realtà non l’ho fabbricata io. Non è mia. Non l’ho creata. Me la sono trovata. Prendo pezzi di quella realtà, la trasformo in parole e la metto su un foglio, su molti fogli, decine e decine di fogli. Ma questo non è possederla, la realtà. Non è sapere. Noi non possediamo ciò che sappiamo. Lo abbiamo appreso. Cioè lo abbiamo preso, afferrato e lo abbiamo messo al sicuro nella nostra testa, come si colgono ciliegie e le si mettono in un cesto. Difronte al volto impassibile e senza espressione del foglio bianco ci sentiamo interrogati, e interrogati senza sconti, siamo inermi e ci dobbiamo prostrare. Non sappiamo. Poi, scatta la ribellione, a quel nulla. Una volontà prometeica si impadronisce di noi e dimenticando quell’istante di angoscia riempiamo il bianco del foglio. Ma in fondo, a pensarci, anche del divino abbiamo esperienza simile. Chi siamo noi, difronte all’onnipotenza divina? Eppure, rompiamo gli indugi e con l’onnipotenza divina entriamo in dialogo: comunichiamo. Gli parliamo delle nostre banalità. Certamente, c’è del divino nel sentimento del Nulla. Il Nulla risuona di divino. Distese bianche. Nebbie. Spazi siderali. Silenzi oltre il grado zero di silenzio. Freddi oltre lo zero assoluto del freddo. Il Nulla – a livello puramente irrazionale è pressoché innegabile – ci parla del divino.

Ma se il Nulla ci parla del divino, entrare in relazione con il Nulla significa entrare in dialogo col Divino. Perciò, così come per creare un contatto con il divino, il divino lo immaginiamo, similmente, potremmo azzardare, facciamo con il Divino-Che-E’-Nel-Nulla. Cerchiamo di immaginarcelo. Di figurarcelo. Di rappresentarcelo. Ma se le cose stanno così, se il foglio bianco è immagine del Nulla e nel Nulla risuona divinità, allora riempire il foglio bianco significa non cancellare il Nulla, che è come dire cancellare una cancellatura, ma descriverlo. Ogni volta che scriviamo stiamo cercando non di trarre cose dal Nulla, ma di usare le cose che abbiamo per descriverlo, il Nulla, spaventoso abisso di senso spalancato difronte a noi e a noi sotteso, del quale avvertiamo la pressione fortissima e che cerchiamo di contrastare opponendovi tutte le cose che abbiamo intorno: ciò che chiamiamo, con sano realismo e pragmaticità, realtà. Descriviamo il Nulla. Ogni volta che prendiamo la parola e rompiamo il silenzio, cancelliamo il bianco del foglio, stiamo dando volto al Nulla. Lo stiamo descrivendo. Lo stiamo interrogando. Lo stiamo pregando. Una preghiera di salvezza. Una disperata domanda di senso. Come facciamo con il divino.

Se Nulla e Divino sono oggetto delle nostre speculazioni, come immaginarci queste due entità diventa fondamentale. Tutto ruota intorno all’idea di Nulla ed Essere. Che Nulla è un Nulla che ci consegna questo Essere e non un Altro Essere? Perché dal Nulla proprio questo Essere? Con queste caratteristiche? Con questi limiti? In questa forma?

Domanda fondamentale, avendo, tale domanda, ripercussioni sul nostro quotidiano.

Sull’attualità.

Sul presente.

Si prenda ad esempio un tema fortemente in discussione in questi anni: l’Intelligenza Artificiale. L’Intelligenza Artificiale sembra, nelle speculazioni teoriche circolanti ovunque, poter fare qualunque cosa. L’Intelligenza Artificiale è il Nuovo Totem. Ma come vogliamo sia, questo Nuovo Onnipotente Idolo? Eccoci da capo ad avere a che fare con l’idea di Dio e con lo spinoso problema di come rappresentarci e immaginarci questa idea. Come pensiamo sia un Essere Infinitamente Intelligente? Un Essere Infinitamente Intelligente può essere un Essere Dotato Di Infinita Umanità? La due dimensioni sono conciliabili? Un Quid infinitamente potente dal punto di vista computazionale, in grado di calcolare in un attimo ciò che mille computer possono calcolare in anni, quando chiamato ad agire per decidere, è in grado tenere conto delle variabili umane, fatte di cuore, sentimenti, simpatia e antipatia, fatte di giudizi puramente sensuali, di puzze e di odori, di profumi, di movenze, e di dettagli poetici inesprimibili, del “certo-non-so-che”, fatte di queste cose in gran parte ineffabili, e inafferrabili, e pertanto di prendere, tale Ente infinitamente potente dal punto di vista computazionale, la decisione sbagliata, scorretta, ingiusta, ma… umana? L’Infinita Intelligenza è forse sentimento? I sentimenti sono forse espressione di un’Infinita Intelligenza, che l’uomo già ha, già possiede? L’amore. Un abbraccio. Una stretta fraterna. Gli istinti sono forse Infinita Intelligenza inscritta negli umani e negli animali e nelle piante, nei fiori e anche nei frutti della Terra?     

Descrivere Dio è descrivere il Nulla Dal Quale Ci Siamo Salvati.

Descrivere il Mondo è descrivere il Nulla Dal Quale Ci Siamo Salvati.

Il Miglior Mondo Possibile contrapposto al Peggior Nulla Possibile.  

Un Nulla che tuttavia rimane e permane.

Che ci sovrasta.

Ci spaventa.

Del quale percepiamo fortissima l’attrazione gravitazionale.

Non riusciamo ancora ad avvertirlo energia pacificatrice.     

In copertina foto di Miriam Espacio da scienzainrete.it