Si forma il cyberpunk con i Suicide e i film, ma per fortuna nel 1972 c’è stato qualcuno che si è reso insuperabile da tutto il resto. Sto parlando del biondino Schulze, che insieme all’altro biondo Gottsching, ha fatto calare la manna dal cielo a tutti i ragazzi tedeschi e non.
L’inizio è stato scoppiettante, uno shock, un’espulsione creativa che superava alcuni scialbi, già all’epoca, prodotti inglesi e americani. Abbandonati i progetti iniziali di Tangerine Dream e Ash Ra Tempel, Klaus dà alle stampe “Irrlicht“, primo lavoro monumentale contenente quel fluxus surreale “Ebene“.
Ma queste opere non possiedono soltanto brani, ma una vera e propria concezione al riguardo del fare musica, la quale doveva intervenire nel sociale, sui giovani e sui loro pensieri “filosofici”. Queste sono delle opere artistiche, come un Rothko, Mirò o Ernst.
I Beatles hanno aiutato e agevolato molte menti nell’effettuare album e generi, ma spingersi fino a dove è arrivato già nel 1972 Schulze rende riduttivo parlare di influenze o amori musicali possibili di Klaus. Si sarà potuto gasare nel sentire “Some Velvet Morning” dei Vanilla Fudge anni prima, come molti dell’epoca, ma quando è toccato a lui comporre un disco ha certamente superato certe idee illustri precedenti.
Meditare sulle idee è pregevole come aspetto. Ma qui nello stesso anno Schulze ha prodotto sia “Irrlicht” che “Cyborg“! Gli riusciva cosi facile suonare? Qua c’è il voler suonare, come prima cosa, e poi, visto che la classe non è acqua, la possibilità di lasciare il segno.
L’incipit “Synphara” è contraddistinta dai voli pindarici dell’elettronica, mentre il mood, non desolato e disperato come “Irrlicht”, si tinge di occulte visioni. L’orchestra da camera con numerosi violoncelli, violini e flauti appoggia il muro sonoro di Klaus. “Conphara” non lascia scampo alla riflessione ma è un turbinio mentale che si scaglia su di noi. Altro che l’incedere della minimal odierna..qui si anticipa i rave, per tranquillizzare qualche muso storto dopo l’aver letto “orchestra da camera”..
Non c’è di più bello del rock e dell’elettronica quando sposano altri lidi; infatti il pop scialbo delle radio è frivolo perchè non è coniato con il rock o con quelle belle basi drum and bass anni 90 (“Per Un’ Ora D’ Amore” dei Matia rivista con i Subsonica per capire..). L’inasprimento graduale dei toni è arricchito lentamente da tutti gli elementi, che liberano le composizioni dalla staticità. Da sottolineare è il non voler creare atmosfere o variazioni di sentimenti, bensì il proporre l’asetticità di una struttura di pochi accordi e portarla avanti, contando sullo shock nevrotico dell’ascoltatore.
“Chromengel” è il lato più oscuro e pauroso, con i cinguettii dei sintetizzatori che estraniano letteralmente l’orecchio; perchè non si sta sentendo la musica, si sta vivendo in un mondo.
L’impatto emotivo è forte e con il finale “Neuronengesang” si può decidere se “accendere la luce” o persistere in questo susseguirsi di nuvole e solitudine. Ci si eclissa pensando e sperando che arrivi qualcosa che spezzi la tensione, ma ci si abbona all’emigrare in lande divinamente sconosciute. Ora ci rimane solo che leggere le note, basta lessico.
Krautrock
1973