Di Claudia Baquero
Eneide, libro VI
Traduzione di Seamus Heaney
Pubblicato in Italia da Il Ponte del Sale, nella collana Gli alberi capovolti. Uscito il 23/11/2018, curatori Marco Sonzogni, Alessandro Fo. Traduttori Giovanna Iorio e Leonardo Guzzo.
“Se l’amore ti assilla a tal punto”
L’Eneide libro VI è soprattutto la storia di un viaggio. Leggendolo in italiano, ci troviamo davanti a tre registri emotivi diversi ma unisoni, tre diversi poeti. La voce originale di Virgilio, lontano nel tempo e nello spazio, l’interpretazione di Seamus Heaney che sapientemente ha realizzato una traduzione piena di energia vitale e semplicità e il talento e sensibilità di un poeta come Leonardo Guzzo insieme a Giovanna Iorio, con la cura di Marco Sonzogni e Alessandro Fo. La casa editrice Il Ponte di Sale, con questo libro ha reso un meritato omaggio a due poeti e a un’opera immortale.
La poesia di Seamus Heaney (Castledawson, 1939-Dublino 2013), poeta irlandese, Premio Nobel per la letteratura nel 1995, è stata legata alla sua esperienza personale. Sono pochi i poeti che come lui, hanno messo a nudo la propria esistenza e le proprie fragilità come parte centrale della loro opera. Nelle poesie di Heaney troviamo la sua infanzia rurale, i conflitti tra Nord e Sud, le ostilità, dispute e divergenze tra cattolicesimo e protestantismo, l’odio e l’amore per una terra contesa, la lotta per la libertà, il viaggio come una metafora politica di ricerca personale e di un popolo, la gioia dell’amore e il dolore del lutto. Per lui, l’incontro con la poesia fu inevitabile, sensibile com’era al mondo che lo circondava, desideroso di plasmare con parole le immagini che non voleva dimenticare. Nella sua opera ci ha tramandato i suoi ricordi, i dolori vissuti, le piccole cose della sua infanzia e della sua famiglia, l’essenza della sua terra. Ogni sua poesia rinchiude un’immagine, un ricordo caro oppure odiato, un insieme d’impressioni, una situazione simbolica, un dettaglio. Per lui la poesia era la vita stessa e come la vita, le sue poesie concludono in modo imprevisto, con giochi di parole che ci aprono un mondo invece di chiuderlo, che ci lasciano sospesi nell’attesa di avere ancora una nuova luce in mezzo alle tenebre del quotidiano. Paradigmi, archetipi e discorsi antichi vengono messi in gioco senza che ci rendiamo conto, tessendo mondi nuovi dove, come per magia, le nostre fragilità escono allo scoperto. Grazie alle sue parole possiamo ammirarle sotto una nuova luce, come se fossimo stati catapultati nei mari di Virgilio o nel purgatorio di Dante e insieme a loro lottassimo per trovare l’essere amato, il tesoro promesso, la via d’uscita verso il mondo dei vivi dove ci attende il nostro destino.
Con il libro VI dell’Eneide, Heaney farà poesia dalla poesia. Tradurrà il testo dal latino all’inglese come ultimo tributo al suo caro Virgilio. Attraverso il suo lavoro ci farà una domanda: perché un uomo potrebbe volere avventurarsi nell’aldilà, sapendo che potrebbe non tornare, rischiando di svanire tra le anime che ormai hanno perso il loro corpo, la loro memoria, e la loro voce? La sua risposta sarà: soltanto per amore. Un “amore che assilla”, che spinge all’uomo verso l’oltretomba e, se è necessario, fino anche all’inferno nel suo impegno di rivedere la persona amata, quella persona che andandosene dal mondo dei vivi ha fatto oscurarsi il sole e ha riempito la sua esistenza di lacrime. Virgilio nella sua Eneide, libro VI, ci racconta di quest’agonia, di questo sentimento di profonda tristezza e malinconia che porta a Enea in un viaggio verso l’aldilà per rivedere ancora suo amato padre Anchise. Per un ragazzo irlandese che imparava il latino, l’incontro con il mondo epico di Virgilio lo porterà a riflettere e a paragonare la sua realtà con quella vissuta dai suoi eroi figli di Dei, signori dei sogni, viaggiatori nei mondi sommersi. Capirà, quando acquisterà una copia di seconda mano del libro VI dell’Eneide che il ramo d’oro, il lascia passare per i mondi ultraterreni si nasconde nella poesia. Per questo ragazzo, nato con il dono della sintesi e futuro premio Nobel, l’idea della morte e dell’aldilà come un viaggio inizia a prendere forma mentre cerca di decifrare il codice di Virgilio. Avrà modo di confrontarsi con il lutto quando sua madre morirà e comincerà a parlare con lei attraverso la poesia. Scoprirà così che soltanto parlando di ciò che davvero conosce e sente può parlare a tutti, e maturerà in lui l’idea del parallelismo tra il viaggio di Enea e la sua stessa esistenza. Sarà la sua voce che s’immedesimerà con le parole di Virgilio e ci porterà nella sua vita, nel suo dolore per la perdita del proprio padre. Inizialmente parlerà in nome di se stesso nelle sua Route 110 in Human Chain ma poi come ultimo omaggio al suo maestro, tradurrà per noi il libro VI. In questa sua ultima fatica, le sue parole sono come “raffiche di vento che arrivano una dopo l’altra e prendono il cuore di sorpresa e lo aprono”. Chissà quante volte Heaney avrà ringraziato Plozio Tucca e Vario Rufo, amici di Virgilio nei suoi ultimi giorni e custodi dell’Eneide, a chi in letto di morte il poeta avrebbe chiesto di distruggere la sua opera perché ancora incompiuta. Senza questi due poeti disobbedienti, Enea e Heaney non ci avrebbero mai portato a navigare per i mari campani, né a viaggiare in autobus per le periferie di Belfast da Smithfield Market verso la contea Derry, a vedere i nostri morti chiudendo gli occhi e sentendo il loro respiro quando ci accarezza il vento. Leggendo e facendo nostre le loro parole andremo anche noi a ritrovare i nostri cari estinti, anche se, una volta davanti ai nostri occhi, quando cercheremo di abbracciarli, troveremo soltanto l’aria, quell’ultimo respiro che hanno lasciato dietro di se quando hanno abbandonato il mondo dei vivi. Paura e desiderio, dolore e delizia, sono questi i doni della vita, quelli che soltanto il corpo può darci e quelli da cui nasce la poesia. La poesia è il nostro ramo d’oro, il nostro lasciapassare in questo viaggio verso la morte che è la vita. Come diceva Angelo Maria Ripellino a Jiri Orten in Praga Magica: “bisogna compiersi fino in fondo, essere, prima che vengano a prenderti.” Dopo aver vinto il Premio Nobel, quando la sua consacrazione era ormai un fatto, Heaney, invece di diventare più ambizioso ed elevato, è diventato più franco, più se stesso e più umile, riscattando l’essenza della poesia nella semplicità e nella sintesi, nella verità. Come regalo della sua esistenza ci ha lasciato la certezza che la poesia ci salva di sentirci persi perché ci aiuta a ritrovare noi stessi. In Station Island, in una sequenza ispirata alle parole che Virgilio rivolge a Dante, Heaney trova la chiave dell’immortalità per ognuno di noi: “vai per la tua strada, osa.”
Poesia
Il ponte di sale
2018