Di Alessandra Durighiello
Il pittore outsider – Giacomo Moretti
Capita, a volte, che grandi musei realizzino mostre antologiche di artisti poco conosciuti al grande pubblico, per valorizzare la loro missione di educazione all’arte. Tra queste figure meno note si colloca Giacomo Moretti, un artista raffinato che riesce ad esprimere significati e connotazioni colte persino nelle composizioni più materiali.
Le notizie biografiche sul pittore sono pochissime: sebbene venga indicata Napoli come città natia, probabilmente Moretti è nato a Cava dei Tirreni in provincia di Salerno nel 1939; per alcuni anni ha vissuto a Napoli dove nel 1971 riceve, in occasione della Prima Biennale Napoletana di Pittura contemporanea, il diploma con medaglia d’oro. Si trasferisce successivamente a La Rochelle, in Francia. L’artista ha manifestato da sempre un atteggiamento defilato, riservato, prestando il fianco a non poche dicerie, a chi asserisce che Giacomo Moretti sia solo uno pseudonimo. Non sono reperibili monografie, né si ha notizia di una sua esposizione; ciò nonostante ha ottenuto un grande successo tra i collezionisti, spuntando quotazioni interessanti. Il percorso artistico di Moretti è scandito da due richiami: uno rimanda ai maestri della pittura napoletana Antonio Mancini e Vincenzo Irolli, nelle pennellate veloci e dense, nei sapienti impasti materici dei toni luminosi, caldi e vivaci, inserendosi tra quegli artisti che nel XX secolo ancora risultano legati alla tradizione romantico-naturalistica di matrice ottocentesca come Giovanni Panza, Attilio Toro, Clemente Tafuri. Altro richiamo è alla pittura napoletana del Seicento di Luca Giordano e in particolare ai caravaggeschi Battistello Caracciolo, Massimo Stanzione, enfatizzando la materialità dell’immagine, costruendo un impianto espressivo capace di fornire una sensazione visiva di spessore e robustezza.
È in questo secondo filone che si colloca l’opera Le alici: il richiamo seicentesco si concretizza nell’analisi di una pittura che privilegia il dato formale rispetto a quello contenutistico, nell’esaltazione delle qualità pittoriche di un dipinto che non esprime un’inedita rappresentazione realistica ma la poesia pura e immortale di una scena dai tratti mitologici, dai colori distesi, dove la luce tersa gioca, impreziosendola, sulla materia. La luce fredda, incandescente incide le pieghe, crea l’ombra per tornire i volumi, renderli carnosi, scultorei, dà risalto alle espressioni dei visi, rivela l’oggettività delle alici fresche, sottili e sode, dà azione perenne alle figure impresse in una scena di vita quotidiana sospesa. Sullo sfondo si dipana uno scorcio di cielo dagli accordi pastello mentre trascorrono nuvole eteree come veli, un elemento arguto che consente di dilatare la profondità e portare una luce intensa sulla linea di terra.
Riferimenti: Napoli nell’arte del’600 – Storia dell’arte italiana di G.C. Argan
In copertina: Le alici di Giacomo Moretti – immagine della Galleria d’arte “A. Grassi” di Solofra (Av)