Psicologo, psicoterapeuta, ricercatore. Esperto Indipendente della Commissione Europea EACEA European Expert: CE-Bruxelles, 2014 Operatore e Ricercatore nel campo delle scienze umane applicate, della didattica sperimentale e della psicoterapia (Scuola sperimentale semantico-antropologica del Centro Ricerche sulla psichiatria e le scienze umane della Unità Sanitaria Locale n.41 della Campania (oggi Asl Napoli 1) Presidente dell’Istituto di Psicologia e Ricerche sociosanitarie (Formia, Latina) Volontario Psicologo Clinico presso il CRMR – Centro regionale malattie rare della Regione Campania (Azienda Ospedaliera dei Colli – Ospedale Monaldi)

Come vivere con noi stessi dopo la quarantena Covid 19

Di

Giuseppe Errico[1]/ Antonio Marra[2] / Alberto Maria Marra[3]/ Giulio Corrivetti[4]/

Il tempo è lo spettacolo del divenire.

Husserl

Il Coronavirus, nemico invisibile ed imprevedibile, è arrivato in Italia e in altri luoghi del mondo[5], come uno stato di guerra[6], un uragano cognitivo, una tempesta emotiva, spostando/modificando ogni cosa sul suo cammino (presente e futuro dell’umanità), ogni conoscenza scientifica, ogni cura medica e psicologica, ordine di vita che ci riguarda (la vita in comune e l’interesse collettivo). La situazione di emergenza in questi giorni ha generato un forte impatto sulla psiche collettiva, sulla nostra quotidianità, sui nostri stili di vita (abiti mentali), sulle nostre relazioni sociali, sul modo di intendere le regole, il nostro rapporto con le Istituzioni e con la comunità alla quale apparteniamo. Quando il 21 febbraio i media hanno condiviso la notizia del primo paziente affetto da polmonite interstiziale e positivo al tampone per SARS-CoV-2, era difficile prevedere l’inizio di un periodo unico nella storia della Medicina.[7]

Quando il giovane Mattia, soggetto senza comorbidità significative, si era recato in condizioni scadenti all’attenzione dei medici del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Codogno di Napoli la ricerca del patogeno proveniente dalla Cina non era fra quelle previste nel pannello diagnostico da effettuare nei pazienti con tale presentazione clinica. Infatti le iniziali raccomandazioni del ministero della salute indicavano l’esecuzione del tampone naso-faringeo solo nei soggetti con un contatto acclarato con persone affette da sindrome da SARS-CoV-2 (o COVID-19) o provenienti da un viaggio. Grazie all’intuito di una giovane anestesista ed al reperto casuale di un contatto del giovane Mattia il quale aveva contatti professionali con la Cina, fu fatta una deroga al protocollo in atto e fu effettuata la ricerca del virus, ricerca rivelatasi successivamente positiva.[8]

In poche ore, il numero di persone affette da COVID-19 che si presentavano negli ospedali in quanto bisognose di assistenza, è iniziato ad aumentare e tale incremento è stato quasi inarrestabile per settimane, tanto da indurre il Governo Italiano a misure di distanziamento sociale sempre più strette. Il sistema sanitario nazionale si è trovato quindi a fronteggiare (primo nel mondo occidentale) una pandemia dalle proporzioni non ancora calcolabili. Sin dalle prime settimane si è riscontrata una forte differenza con i dati provenienti dalla Cina i quali riportavano una letalità (ovvero il rapporto fra numero di morti e numero di persone risultate positive al tampone) del 3% a fronte di una letalità del 10% in Italia.[9]

Il Coronavirus ha messo sotto-stress il mondo intero[10] e il sistema sanitario nazionale italiano già gravato da numerose carenze preesistenti.

Come si legge in un recente documento dell’ordine nazionale degli psicologi italiani: La situazione è insostenibile: già prima della pandemia gli psicologi della sanità pubblica erano largamente insufficienti per i bisogni correnti – come i dati puntuali presentati al Ministro della Salute documentano – oggi non è assolutamente pensabile che possano farsi carico di questa emergenza psicologica. Negli ultimi tre anni sono andati in pensione il 25% degli psicologi del SSN senza che siano stati sostituiti. La psicoterapia è quasi scomparsa dal servizio pubblico, e il disagio ottiene solo psicofarmaci come risposta.[11]

La seria mancanza di personale medico dovuta prevalentemente all’imbuto formativo dovuto al numero esiguo di borse per la formazione post-laurea (specializzazione) unito al taglio dei posti letto avvenuto negli ultimi anni, è stata una fonte di grande stress per tutto il comparto sanità in toto. Improvvisamente si è dovuto differenziare l’accesso alle cure in due percorsi distinti, quello per i COVID-19+ e quello per i COVID-19-. Si è provveduto a riconvertire numerosi reparti ospedalieri in reparti destinati solo ai pazienti COVID-19+. Tale scenario è risultato più complesso di quanto previsto in quanto il COVID-19 non si manifesta solo nella modalità classica (polmonite interstiziale bilaterale) ma spesso si associa alle cosiddette “presentazioni atipiche” che sono le più disparate. Questo ha reso difficile la separazione netta dei vari percorsi diagnostico-terapeutici. Inoltre si è reso necessario rinforzare la medicina territoriale, vero anello debole della sanità italiana. Secondo i dati dell’Istituto superiore della sanità le morti ascrivibili direttamente al COVID-19 superano in Italia le 30.000 unità. Tuttavia, a tale tributo vanno aggiunte anche quelle persone che per paura del contagio non si sono recate in ospedale. Infatti, secondo uno studio condotto dalla Società Italiana di Cardiologia, a fronte di una riduzione di circa il 50% dei ricoveri per infarto cardiaco acuto rispetto agli stessi mesi del 2019, si è registrato un aumento di circa il 300% dei decessi per tale patologia sempre paragonato allo stesso lasso temporale del 2019.[12]

Per rispondere a questo malessere si sono messe in campo varie strategie mentre gruppi di psicologi[13] di diversi Atenei, associazioni, ordini professionali hanno messo a punto dei manifesti e dei questionari (da compilare online) per rilevare in modo preciso, sistematico “il mutamento” ovvero queste dimensioni. Il tentativo è  ragionare – una volta ottenuti i risultati – sulle strategie e sulle azioni da proporre ai cittadini, genitori, insegnanti, operatori sociali. Lo scopo di tale sforzo è quello di  favorire il benessere psicologico individuale e dei gruppi e, soprattutto, sostenere la non facile fase di transizione  verso una nuova normalità e rete di relazioni umane, verso l’utopia di un “mondo migliore”.[14]

Oltre a minacciare, nell’emergenza, la nostra salute (a volte pur rimanendo a casa!) il virus  sta rimodellando il nostro tempo interiore di vita[15], le relazioni umane, sta minacciando la coscienza interiore[2], le forme di socialità[16] e le modalità dell’abitare lo spazio che occupiamo sul pianeta.[17] Il virus, offrendosi come un rito di passaggio- soglia, ci costringe ad osservare, senza poter intervenire, i limiti umani, le trasformazioni collettive e individuali, l’ambiente umano e la mutazione del tempo. Tutti noi, prima della comparsa del Coronavirus, coltivavamo l’illusione di essere “mortali e immuni”, privi di rischi di contagio (il virus è altrove, in Cina), al riparo da epidemie come quelle che hanno funestato il Pianeta in passato, in ogni epoca.[18] Al massimo, pensavamo, emergenze infettive come la Sars o l’Ebola in Africa possono manifestarsi in aree da questo punto di vista meno sviluppate del Pianeta. Il confine tra i ricchi e i poveri del pianeta sembrava garantire una banale barriera alla diffusione. Anche se gli spostamenti di merci e di persone, sempre più intensi su tutto il Pianeta, la crescita dei contatti tra popolazioni lontane dovevano avvertirci del conseguente maggior pericolo di possibili contagi ovunque. A minare definitivamente la nostra presunzione di superiorità e immunità è stato proprio l’arrivo del Covid-19, che sta mutando ogni scenario e previsione, provocando numeri elevati di contagiati e decessi in ogni parte del mondo.[19]

La vivente clausura  nella quale siamo immersi  in epoca di Coronavirus, ci porta  a  considerare  alcune prospettive del pensiero filosofico e sociologico  con le quali cercare di analizzare  i confini di un siffatto fenomeno che ha caratterizzato e caratterizzerà tanta  ricerca  in ogni ambito del pensiero umano. Ne sono coinvolte ,e allo stesso tempo sconvolte, certezze e impostazioni di analisi, dato l’unicum fenomenologico esperito in maniera collettiva e totalizzante. Anche se in linea di principio , non è nuovo il manifestarsi di una pandemia nella storia umana, risulta nuovo il contesto  dell’epoca digitale  nel quale siamo immersi. Già tale contestualizzazione richiamerebbe, da sola, tante riflessioni sul rapporto evidentemente asimmetrico  con la natura. Il livello di onnipotenza tecnologica percepito è subitaneamente messo in crisi da un evento veloce , planetario e onnipervasivo. Esso mette in evidenza la vulnerabilità del nostro mondo  che appare, come veniva detto in altro contesto, una tigre di carta, o meglio come, un colosso dai piedi argilla. Ad essere  interessate sono anche le scienze sociali, nella esigenza primaria di comprendere  e prevedere  conseguenze  e danni di tale sospensione delle relazioni umane. Paradossalmente la pandemia ha messo in crisi,  definendone operativamente il limite, con  conseguenze tragiche,  quella che appariva una fede inarrestabile  nella nostra civiltà e che è stata analizzata in modo esemplare da Giuseppe Bedeschi in “Declino e tramonto della civiltà occidentale”. E’ necessario cimentarsi in considerazioni e idee per cominciare a indagare , anche tra incertezze ed errori, un percorso di conoscenza .

La sospensione del sociale, inteso come l’insieme delle relazioni umane,  è da ritenere  fatto epocale. Si sono mantenuti solo  quelli che rappresentano  legami forti, ovvero  legami tra gruppi di parentela ristretta , un rete di legami  a partecipazione intensa  e ravvicinata.. Un network  di relazioni, un capitale sociale che Aldrige definì bonding social capital.

Di fatto una limitazione qualitativa e quantitativa dei rapporti umani, ma anche una diminuzione dei ruoli sociali, non potendo esercitare tutti i compiti e tutte le funzioni connessi con l’espletamento delle funzioni  e azioni che ogni attore riveste e opera in tempo di normalità.

Una diminuzione della circolazione delle idee, sottoponendo  il tutto alla comunicazione mediatica, con il risultato di un’estrema uniformità dovuta anche alle severe prescrizioni di clausura imposte. Con la  diminuzione delle relazioni de visu, se non proprio l’azzeramento delle stesse, sono  diventate ancora più preponderanti le comunicazioni digitali. Tale tendenza era già in atto nel periodo precedente la pandemia, ma ha subìto una notevole accelerazione in questa fase attuale .Se pur scientifica questa comunicazione ha assunto un carattere monodirezionale ,  con linguaggi , atteggiamenti e termini subito catapultati nel mondo della comunicazione. Tale flusso  è stato  senza mediazione e ha  determinato un impatto immediato tra  gli attori sociali , costretti, nella scambio simbolico, a ridurre lo spazio dei significati al mero imperium scientifico totalizzante . In pratica un impoverimento   nel flusso simbolico mediato  con il quale costruire la realtà .

Cerchiamo di analizzare quanto detto sopra da una prospettiva  fenomenologica Ich scalte ,und walte ,sic volo sic iubeo[20] traducibile come  “il mio corpo è la sola ed unica  cosa  in cui io dispongo  e impero immediatamente e comando ,rappresenta il manifesto emblematico della fenomenologia tedesca .

Da ciò si evince che l’immediata esperienza corporea, il dominio percettivo  dell’essenza  dell’esistere , come metodo ,  è un processo precursore di ogni categorizzazione scientifica.  Tale impostazione  proprio in opposizione a quella scienza  positiva che  a inizio secolo mostrava tutto il suo limite e tutta la sua aberrazione nel sintetizzare  tecnologie per la  spaventosa prima guerra mondiale.  Il ritorno ad una verità micro, il ritorno ad una fusione esperienziale tra soggetto e oggetto di conoscenza, alla cancellazione della divisione  tra conoscente e conosciuto, il ritorno ad un essenza  immediata  e quindi precognitiva, alla luce della quale interpretare e reinterpretare la  cognizione scientifica. Un metodo  necessario e non distorcente  e per certi versi salvifico. dove restituire all’uomo una centralità   la persona quindi ,  come  prospettiva,  come punto di vista singolare sul mondo, ma insieme prospettiva che fiorisce  e si alimenta di un tessuto, di un comune senso dell’essere prospettiva  e singolare insieme universale.[21]

Il corpo come sonda metodologica  che definisce il reale  e i suoi limiti :”E quindi io, l’io  fungente , sono unito ad esso, in una maniera particolare , prima di tutti gli altri oggetti del  mondo”. Su questo continuo  scontrarsi fra   gli oggetti, intesi   anche  come accadimenti, e l’io si  realizza un livello  di   negoziazione  come    terreno ordinario di  conoscenza . Ma quale   equilibrio  nella realtà del contagio pandemico?

Come vivono i corpi conoscenti in questa diaspora sociale  dove tutti siamo confinati, se  pur vicini e allo stesso tempo insieme e lontani?

Una clausura imposta all’io conoscente in ottemperanza al metodo scientifico che non avendo purtroppo una soluzione evidence-based a disposizione, ha optato per una soluzione  drastica, ma unica possibile in termini costi-benefici, relegando i  corpi.

Una  condizione  non certo  voluta contro l’io fenomenologico, ma di fatto attuata. Un controllo assoluto  un panopticon ideale, modello di costruzione carceraria, elemento di  elaborata analisi foucoltiana, imprevisto e totale. Una frattura comunicativa  il cui consolidamento avverrà in tempi e modi difficile da predire, con conseguenze individuali e collettive non ancora percepite. Una rottura del continuum vitale, del flusso esperienziale, entrata a far parte della percezione collettiva. Una condizione di sospensione del tempo della conoscenza fenomenologica che  paradossalmente, anch’esso forma di conoscenza. Tale sospensione è ancora più rilevante nella nostra società post moderna, che a differenza di quelle precedenti ha ritmi e tempi decisamente convulsi  e che basa il suo modo di essere  su flussi di relazioni e comunicazione  rilevanti. Una umanità  tutta sana,tutta  malata, tutta reclusa in spazi di vita limitati  e limitanti.

Il recente Coronavirus[22] narra di uno spazio sospeso (la quarantena[23]), della nostra libertà[24] e coscienza[25], del binomio “normalità/anormalità[26]”, di un luogo interiore (la psiche, il corpo) ed esteriore (lo spazio, l’ambiente). Un

luogo, tuttavia, dai confini incerti, mobili, sempre soggetti a essere ritracciati; un luogo di passaggio, talvolta oscuro e insidioso, che appare poco visibile. Il Coronavirus non è ancora stato sconfitto, ma a seguito di un significativo calo dei contagi, l’Italia ha dato avvio alla “fase due” dell’emergenza, con un allentamento delle misure restrittive, che prevedono però di continuare a rispettare molte norme tese al contenimento del virus: dalla distanza sociale all’uso della mascherina, alla progressiva e prudente riapertura delle attività commerciali e produttive. Per sottolineare questo importante e delicato momento, oggi si accenna alla “ripartenza”. L’occulto Coronavirus ci costringe ad usare nuove parole[27], a muoverci come fantasmi e ospiti nelle città e in noi stessi, nelle periferie, in ogni luogo sino a diffidare di ogni persona, relazione, cosa che incrociamo, osserviamo. Questo nuovo spazio/luogo è la soglia per/del futuro, di ciò che ancora, come persona, non sappiamo, dopo aver abbandonato le nostre certezze di immortalità e con l’avanzare dello spettro della povertà.[28]

Nel tentativo di interrogare questo periodo transitorio (soglia), tale  figura appare vertiginosa, senza tempo e priva di fecondità positive. Il Coronavirus rimanda alla malattia, alla religione[29], al presagio di morte e al mondo dei rapporti umani (forme di socialità).[30] Per molti la ripartenza è e sarà senz’altro difficile, impegnativa, ma proprio per questo ci offre l’occasione di costruire un tempo /avvenire futuro migliore, un nuovo modello di sviluppo e sociale, a livello nazionale e globale, nel rapporto tra le persone, con l’ambiente. La prima conseguenza che ha comportato la Pandemia

è stato il mutamento del senso dell’abitare noi stessi  e lo spazio di vita: abitare la psiche, abitare la casa, simbolo di intimità, protezione, rifugio.[31]

La storia antica, rispetto alla casa-abitare, ci mostra come siamo stati bravi ad abitare le grotte, per poi costruire palafitte e capanne. Culture diverse, ambienti diversi. Oggi le nostre case ritornano ad assumere i significati antichi legati al proteggersi anche se i nostri appartamenti sembrano tutti uguali. Ogni casa  è ben visibile  e si lega alle nostre tradizioni familiari, al nostro modo soggettivo di abitarlo, di riempirlo di significati. Abitare un luogo (casa) significa tante cose per le persone ed ora ancora di più poiché non possiamo allontanarci da essa.[32]

Abitare,  vivere la libertà di un certo ambiente, rappresenta una complicata unione tra le nostre esigenze vitali e le possibilità che l’ambiente ci offre. Vuol dire libertà di essere noi stessi ma anche limitazione, impedimento, prigionia. Non sempre, in epoca Coronavirus, lo spazio ci è apparso uno spazio felice.

«Il nostro proposto, in effetti, è quello di esaminare immagini molto semplici, le immagini dello spazio felice.  Da tale punto di vista, le nostre ricerche meriterebbero il nome di topofilia, in quanto esse colgono a determinare il valore umano degli spazi di possesso, degli spazi difesi contro forze avverse, degli spazi amati…si tratta di spazi lodati. Al loro valore protettivo, che può essere di segno positivo, si ricollegano anche valori immaginati e questi ultimi diventano ben presto valori dominanti. Lo spazio colto dall’immaginazione non può restare lo spazio indifferente, lasciato alla misura ed alla riflessione del geometra: esso è vissuto e lo è non solo nella sua possibilità ma con tutte le parzialità dell’immaginazione».[33]

Personalmente crediamo che, non tener conto degli aspetti psicologici legati  alla pandemia Coronavirus e alle forme del vivere a casa[34], ai  vissuti dell’abitare e del tempo può condurre ad analisi sbagliate sul futuro della ripresa e la previsione dei comportamenti umani. Anche il campo della psicologia e della salute ha dovuto rimodellare ogni forma di pensiero operativo, di cura e di prassi terapeutica (dal divano al pc, dall’incontro tra corpi viventi ad incontri a distanza).[35]

Tutte le scienze umane e mediche appaiono in crisi mentre il tempo offre un nuovo scenario.

«Il tempo è lo spettacolo del divenire. Infatti, in qualsiasi modo lo si consideri, esso ha sempre a che fare con ciò che muta. E quand’anche nulla divenisse, l’esperienza del tempo sarebbe ugualmente esperienza del divenire sia pure inteso come fede nel divenire medesimo. L’implicazione tra tempo e divenire è vera in ogni caso, sia qualora si consideri il tempo come numero del movimento che come a priori della successione, che come quarta dimensione del mondo fisico, ossia della realtà cosmologica. L’esperienza del tempo, come modo d’esperienza del divenire, è, come il divenire, esperienza complessa…L’esperienza del tempo, in quanto esperienza, dà luogo, dunque, a modalità espressive variate e altrettanto complesse di temporalità: genera forme del tempo».[36]

Oggi appare difficile la comprensione del futuro, delle trasformazioni dell’orizzonte conoscitivo (il mondo dell’accadere)  ed emozionale (il mondo di ciò che si prova). Siamo tutti alla ricerca e alla riconquista di uno spazio di liberta individuale perduto, di un ritorno alla normalità?

L’invito, rivolto alla nostra silenziosa coscienza sembra essere, per tutti, quello di oltrepassare il senso di isolamento, di mettersi alla ricerca di uno spazio perduto. Se è vero, come il tempo agostiniano, che lo spazio è “la più ovvia delle cose”, ne consegue un esito radicale: individuare, partendo dalle persone, il punto disaldatura tra lo  “spazio vissuto” e il “segno dei tempi”.

Note al testo

[1]  Psicologo-Ricercatore. Ipers (istituto di psicologia e ricerche socio sanitarie)

[2]  Sociologo

[3]  Medico – Assistant Professor of Internal Medicine (RTDb) Department of Translational Medical Sciences “Federico II” University of Naples

[4]  Psichiatra- Direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asl di Salerno

[5] Dalle pagine di “Repubblica”  il premio Nobel per la pace Muhuammad Yunus invoglia il mondo ad uscire dalla epidemia da Covid—19 con un sano invito ovvero usando questa occasione per ricostruire un mondo migliore. Ma cosa prevarrà in futuro e come usciremo da tale tempesta? Gli egoismi dei singoli e quelli delle nazioni oppure potrà far rinascere un futuro fatto di una nuova socialità ed una nuova dimensione collettiva?  Anche Papa Francesco ha assunto una posizione consapevole lanciando, all’intera umanità, una riflessione centrata sulla solidarietà che considera in misura estesa la fragilità umana (che il virus ha tragicamente reso drammatica) dando un sostegno pieno alle politiche di prevenzione, cura, contenimento, senza dimenticare le fasce più deboli o emarginate (ora ancor più vulnerabili) e valorizzando i paesi che mettono al primo posto la salute ed il benessere sociale di tutti, indistintamente.   Ma un  pericolo incombe sul nostro futuro, ed è quello che vengano ad esacerbarsi le spinte nazionaliste e l’accentuazione della lotta tra superpotenze sia nella competizione industriale che in quella per la gestione dei dati e delle tecnologie informatiche (molto più di quella agricola ed industriale). Il mondo potrebbe risvegliarsi con gli stessi problemi, ma con spinte conservative e minori misure di interesse culturale e sociale.

[6] Anche se è improprio l’uso del termine guerra spesso è stato usato e abusato dai giornalisti televisivi e della carta stampata. Molti  infatti definiscono l’odierna lotta sanitaria al Covid-19 e le sue conseguenze economiche una vera e propria guerra, ma le differenze col periodo bellico sono tante: le infrastrutture, l’industria, la rete dei servizi di oggi in Italia sono pronte a ripartire e non richiedono una ricostruzione “reale” come accadde nel 1945.

[7] Livingston E, Bucher K, JAMA. 2020;323(14):1335. doi:10.1001/jama.2020, 4344.

[8]  https://www.repubblica.it/cronaca/2020/03/06/news/l_anestesista_di_codogno_per_mattia_era_tutto_inutile_cosi_ho_avuto_la_folle_idea_di_pensare_al_coronavirus_-250380291

[9] https://coronavirus.jhu.edu/map.html

[10] Cfr. Il documento  sulla salute mentale delle Nazione Unite  su  COVID-19 and the Need for Action on Mental Health  del 13 maggio 2020. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto l’importanza fondamentale del ruolo della psicologia e dello psicologo nella tutela della salute mentre gli innumerevoli contributi della ricerca sottolineano l’importanza di strutturare azioni concrete a prevenzione e protezione del benessere psicologico della popolazione mondiale.

[11] Documento La salute psicologica è un! I cittadini chiedono azioni concrete a protezione della loro Salute Psicologica. https://d66rp9rxjwtwy.cloudfront.net/wp-content/uploads/2020/05/C

[12] De Rosa S et al., European Heart Journal, ehaa409, https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehaa409.

[13] L’emergenza Covid e l’evidente bisogno psicologico dei cittadini ha creato una rete di solidarietà tra le professioni della salute: migliaia di professionisti, medici e psicologi, hanno prestato la loro opera gratuitamente in centinaia di iniziative locali e nazionali tramite anche enti del no profit. Lo stesso Ministero della Salute ha attivato un numero verde di sostegno psicologico grazie a  2mila psicologi residenti nelle varie regioni. Su 10 psicologi mobilitati per la pandemia 7 lo hanno fatto in modo del tutto solidale e senza percepire nulla (sondaggio CNOP degli psicologi).

[14] Tutti speriamo in un nuovo modello di sviluppo basato sulla conoscenza e sui valori. Arnaldo Benini, sulle pagine della cultura de il Sole 24 Ore, citava il biologo Edward O. Wilson e la sua tesi, per cui l’umanità, “superati i 6 miliardi di persone, si starebbe avvicinando alla incompatibilità con l’ambiente. La popolazione oggi è a 7 miliardi e cresce di 70 milioni l’anno” invitando a dedurne le logiche conseguenze. Un esempio degli esiti catastrofici delle devastazioni ambientali sarebbe proprio l’attivazione di batteri e virus sconosciuti in precedenza. Se così fosse e se questo dovesse continuare a determinarsi in futuro, dovremo davvero considerare, alla maniera di Walt Kelly, che se “andiamo a caccia del nemico….l’abbiamo trovato: siamo noi”.

[15] Cfr. l’articolo riportato in https://www.lottavo.it/2020/04/la-mutazione-della-persona-in-crisi-le-mutazioni-del-tempo-vissuto.

[16] Per secoli, la mente umana è sembrata trasparente, analizzabile. Si intuiva che qualcosa sfuggiva al controllo della coscienza, e si postulava che si trattasse di messaggi inviati dagli Dèi.  Tutto cambia con Sigmund Freud: l’inconscio spiega l’origine e il significato dei sogni, ma anche le sviste, dimenticanze e i lapsus della vita quotidiana. Un inconscio che tutti  conosciamo, ma che non è l’unico. Per alcuni studiosi esistono altri inconsci; quello, pervasivo (cognitivo)  che è l’esito dell’evoluzione naturale del cervello. In realtà la mole enorme di informazioni che ci sommerge attraverso gli schermi dei nostri computer ha creato una sorta d’inconscio artificiale, fonte di trappole insidiose per il nostro giudizio. Oggi conoscere i molteplici inconsci e capire come interagiscono significa smascherare i meccanismi che ci possono ingannare, e che ci illudono di essere più consapevoli di quanto in realtà siamo. Cfr.  Legrenzi P.,Umiltà C., Molti inconsci per un cervello. Perché crediamo di sapere quello che non sappiamo, Il Mulino, Bologna. 2018.

[17] Gli autori condividono le riflessioni di Paolo Landri dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps) ossia che l’emergenza coronavirus sta costringendo in modo rapido a cambiare la nostra socialità (per chi scrive in direzione di una “presa di coscienza diversificata”). Si può dire che, da un lato, la socialità tra corpi in presenza viene ridotta per timore di contaminazioni, e dall’altro, si moltiplichi la vita online. Ciò che sta accadendo può essere analizzato, in realtà, anche come un processo di mutazione umana, di reinvenzione e di sperimentazione di nuove forme di convivenza collettiva e storica. Si tratta, infatti, di comprendere in che modo si vadano ridefinendo i legami tra individui e società. Inoltre l’aumento dell’interconnessione tra le istituzioni sociali (famiglia, luogo di lavoro e scuola), non vale per tutti, ma può escludere famiglie poco attrezzate, fasce deboli, come anziani o detenuti.

[18] E’ evidente come una tale Pandemia ricostruisca, negli individui,  una nuova geografia dell’anima (mutamenti interiori) e degli spostamenti da un luogo all’altro del pianeta.

[19]  E per fugare questo rischio, si era ingaggiata una battaglia culturale e legale contro i “no vax” che rischiavano di minare l’effetto gregge che ci protegge da insidiose patologie; i vaccini, con i farmaci e le norme di igiene sono i passi avanti più importanti compiuti dalla ricerca scientifica e dal progresso socio-sanitario.

[20]  L’Organizzazione mondiale della sanità, l’Agenzia dell’Onu  alla quale è affidato  il compito di sovrintendere alla salute della popolazione mondiale, ha ufficialmente dichiarato l’infezione da coronavirus Sars-CoV-2 come “pandemia”. Il termine dal punto di vista scientifico ha un significato preciso: “Le insorgenze epidemiche ad alto potenziale di rapida diffusione e contagio, che colpiscono la popolazione umana in aree geografiche diffuse in tutto il mondo, anche se nelle diverse zone differiscono per i segmenti di popolazione più colpiti, per il grado di gravità della malattia, per la velocità di diffusione geografica, per la quantità di ondate pandemiche, per la distribuzione territoriale e il numero di decessi causati”.

[21] Leoni F., Il corpo la carne la follia rivista Comprendere, Tipografia Veneta, 2012, p.208.

[22] Leoni F., op. cit. p.202.

[23]  Il Coronavirus è solo l’ultima tra le patologie definibili con questo termine. Molte altre malattie comparse in tempi più o meno lontani ne presentavano infatti la caratteristica fondamentale: essere determinate da un agente infettivo originato in specie diverse da quella umana con cui non abbiamo mai avuto un contatto. È stato così per la peste nera e per la spagnola, ma anche per diverse patologie dei decenni scorsi.

[24] Scopo della quarantena è interrompere la catena di trasmissione e, quindi, la diffusione della malattia. Un provvedimento in questi giorni frequente a causa della diffusione del Covid-19, il cui periodo di incubazione è di circa dieci giorni, per cui la quarantena è stata fissata a quattordici giorni. Oggi disponiamo di mezzi adeguati per questi casi, anche se l’enorme quantità di contagiati, che si conta in decine di migliaia di persone, sta mettendo a dura prova le strutture sanitarie, specie quelle della Lombardia. Gli ospedali all’inizio dell’ emergenza non risentivano della situazione, essendo dotati di reparti di isolamento a elevata tecnologia e grazie alla disponibilità di mezzi avanzati che garantiscono l’isolamento durante i trasporti. Tuttavia la crescita esponenziale del numero di contagi e ricoveri nei reparti di terapia intensiva sta mettendo a dura prova il sistema sanitario.

[25] Il Coronavirus ha imposto pesanti ricadute sulla nostra quotidianità, divieti e limitazioni: misure eccezionali, mai adottate in Italia

[26] Anche se a lungo la coscienza è stata sovrapposta a nozioni quali “spirito” o “anima”, da qualche tempo i neuroscienziati hanno fatto della coscienza – che insieme alla natura profonda della materia e dello spazio/tempo costituisce l’ultimo baluardo del sapere occidentale – uno dei loro oggetti di indagine prediletti e si vanno profilando acquisizioni sorprendenti e contro-intuitive. Fra i massimi neuroscienziati  Antonio Damasio  approda ad una sorta di summa della sua ricerca, dove i fondamenti di quella prospettiva anti-dualistica (si pensi al legame tra regioni cerebrali “arcaiche”, come l’amigdala, e più recenti, come la corteccia prefrontale, nella genesi delle scelte morali e dei processi decisionali) sono integrati da nuove e complesse sequenze: quella sull’incidenza delle emozioni e dei sentimenti primordiali (il piacere e il dolore) come ponti connettivi tra il proto-sé e il sé; quella sul discrimine tra percezione e rappresentazione degli eventi interni ed esterni al nostro corpo come base biologica, unitamente alla memoria, nella costruzione dell’identità individuale. Cfr. Damasio A., Il sé viene alla mente. La costruzione del cervello cosciente, Adelphi, Milano, 2012.

[27]  Appare chiaro che il progressivo ritorno alla “normalità” e in che modo il periodo di lockdown ha mutato le nostre vite rimane sull’area dell’incognito del futuro. Una sorta di “ripartenza”  che tutti auspicano.

[28]  “Dai neologismi, come infodemia, ovvero epidemia di informazioni, a virale, che si riappropria della sua accezione, dopo essere diventato recentemente sinonimo di successo nella diffusione sui social di un contenuto, all’uso di termini legati alla guerra per indicare la malattia da sconfiggere, le parole influenzano i contesti e ne sono a loro volta influenzate”, spiega Cristina Marras dell’Istituto per il lessico intellettuale delle idee del Cnr. Anche rispetto al nuovo virus occorrono nuovi strumenti per un esercizio critico sul linguaggio, per maneggiare consapevolmente e responsabilmente le parole e sceglierle soprattutto con cura.

[29] Prima dell’esplosione della pandemia di Coronavirus, i dati dell’economia mondiale lasciavano sperare in una lenta ma graduale uscita dalla crisi che, iniziata nel 2008, aveva colpito soprattutto Europa e Stati Uniti. E sembravano confermare la tendenza alla riduzione della povertà estrema. Oggi all’improvviso tutto sembra stravolto e una domanda tormenta molti di noi: la crescita riprenderà, ci aspetta un periodo di stagnazione o addirittura di recessione? Per guardare con speranza ad un futuro denso di incertezze, particolarmente comprensibili per coloro che  si trovano in cassa integrazione o con l’attività chiusa e ferma, è utile rivolgersi al passato storico.

[30] Anche in ambito religioso, nel Vangelo secondo Marco si legge che  lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni  (Mc 1,12); un evidente richiamo simbolico ad un altro lasso di tempo noto nella cultura ebraica, quaranta giorni di solitudine e purificazione, quarant’anni che il popolo trascorse vagando nel deserto dopo essere uscito dall’Egitto. La tradizione cristiana ha raccolto tale eredità simbolica di purificazione e preparazione legata al numero quaranta, in particolare con la Quaresima.

[31] All’inizio della quarantena ci si chiedeva se, alla fine, avremmo avuto un boom di matrimoni o di divorzi: le coppie costrette a casa avrebbero reagito positivamente, sfruttando l’occasione forzata di stringere anche fisicamente la propria relazione oppure la convivenza avrebbero logorato o addirittura minato equilibri magari già fragili? Un interrogativo tutt’altro che superficiale dato che la tenuta relazionale privata è un elemento di quella pubblica. Proprio per questo motivo l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps) ha deciso di avviare un’indagine al riguardo. Le convivenze con un partner corrispondono circa alla metà delle situazioni totali che abbiamo preso in esame e, in diversi casi, il teatro di questo rapporto è una casa piccola, in genere appartamenti inferiori ai 100 mq, in cui possono coabitare più persone. Sebbene abbiamo fortunatamente rilevato che gli episodi di violenza domestica conclamata non sono aumentati, in questo periodo di isolamento, sono però cresciuti i cosiddetti casi di violenza assistita, perpetrata cioè in presenza dei figli. Anche il tempo che si trascorre su Internet e l’uso dei social media sono indicatori di alcune condotte significative in quarantena. La resilienza, la capacità di fronteggiare e reagire a un evento traumatico, di superarlo trasformandolo in occasione di apprendimento, realizzazione, consapevolezza, è proprio la caratteristica che ci consente di attendere nel migliore dei modi la scomparsa definitiva – ma purtroppo non immediata – dell’emergenza sanitaria. Magari sfruttando quest’occasione imposta per riprendere a leggere, imparare o riscoprire la cura della casa e le nostre abilità culinarie.

[32] Acconto a tale aspetto, ossia dell’abitare, sarebbe interessante poter indagare sulla costruzione delle “immagini mentali” legate al futuro delle persone nell’era del Coronavirus. L’immaginazione è stata un’ arma o un fattore negativo?

[33] Studiare i comportamenti e come si vive in situazioni estreme (emergenze collettive) può essere di grande aiuto per il superamento di stati di sofferenza psichica, per migliorare l’abitabilità delle case, per rendere gli spazi di vita idonei alle nostre identità: l’esperienza del campeggio estivo risulta utile, ad esempio, per ritrovare il fattore “essenzialità e praticità” usando pochi mezzi di sopravvivenza (la tenda come grotta riparo). Trattasi di esperienze che richiedono una visione oggettiva della realtà.

[34] Bachelard G., La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1957, 4 ristampa 1993, pp.25-26.

[35] Poco accento viene dato, nei documenti attuali, dagli psicologi, psichiatri e studiosi al tema dell’intimità della casa, o all’insofferenza nel trovarsi in spazi chiusi. Fondamentale più dello stress individuale è, per chi scrive, l’accento sui vissuti temporali legati all’ambiente intimo e privato (casa famiglia), alla relazione fra il nostro essere intimo e la casa.  Riporto un celebre passo di Carl Gustav Jung sul condizionamento terrestre dell’anima: “Dobbiamo porci di fronte allo spaccato di un edificio e fornirne una spiegazione, il piano superiore è stato costruito nel XIX secolo, il pianterreno è del XVI secolo ed un esame più minuzioso della costruzione mostra che essa è stata innalzata su una torre del II secolo. Nella cantina scopriamo fondazioni romane e sotto la cantina si trova una grotta colmata, sul cui suolo si scoprono, nello strato superiore, utensili di selce, e, negli strati più profondi, resti di fauna glaciale. Questa potrebbe essere, all’incirca, la struttura della nostra anima”. Con l’immagine della casa, ci avviciniamo a un vero e proprio principio d’integrazione psicologica e di conseguenza la casa è considerata come strumento di analisi per l’anima. Tale corrispondenza implica un’alternanza delle immagini della casa e del nostro inconscio, in cui come il nostro inconscio alloggia in noi stessi, così la nostra anima vi dimora: il carattere primordiale dello spazio intimo  è quello della protezione

[36] In generale l’attività professionale psicologica (“comprovate esigenze lavorative e di salute“), a partire dal DPCM 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 ha potuto continuare a svolgersi; previo ovviamente il più rigoroso rispetto delle misure igienico-preventive del Ministero della Salute  applicate con particolare attenzione da tutti i professionisti. Il principio di fondo, che ciascuno è  stato tenuto a rispettare attentamente, è stato sempre quello di minimizzare il più possibile tutte le attività in presenza, per rinviarle o sostituirle ogni qual volta sia praticabile con altre modalità di interazione (videochiamate, consulenze telefoniche, smart working, etc.).

[37] Natoli S.,Teatro filosofico. Gli scenari del sapere tra linguaggio e storia, Feltrinelli, Milano, 1991, p.9.

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L’immagine di copertina è Foto con Dida, di Hopper